Il catalogo della grande mostra sul Rinascimento, inaugurata alle Scuderie Papali di Roma lo scorso 15 settembre, segue scrupolosamente l’impostazione dell’esposizione. Si presenta quindi come un manuale di storia dell’arte, una monografia sul Rinascimento italiano. Sei saggi approfondiscono alcune tematiche cruciali per la descrizione di un’epoca complessa e diversificata come è quella rinascimentale.
Antonio Paolucci, curatore della mostra, è l’autore del primo intervento intitolato Le capitali italiane del Rinascimento. Dalla definizione del Vasari del termine “Rinascimento”, inteso come stagione di rinnovamento artistico che investì l’Italia nel XV e XVI secolo, l’analisi intraprende un viaggio in Italia e, partendo da Firenze, arriva a toccare tutte le città investite dal profondo mutamento dell’età rinascimentale. Impossibile non fare riferimento all’arte fiamminga che, pur con caratteristiche diverse, persegue gli stessi obiettivi: la ricerca di una resa realistica sempre più attenta e precisa; la tendenza a porre al centro dell’attenzione l’uomo e il suo destino, e quindi il farsi strada di una concezione laica della vita. Il capitolo del Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico di Firenze, Pistoia e Prato Paolucci, informa circa gli obbiettivi della mostra e ne illustra il percorso.
Il secondo saggio di Maria Sframeli, responsabile del Coordinamento Scientifico della Mostra, Le arti decorative nell’età del Rinascimento: una storia di capolavori esordisce con il concorso del 1401 per l’assegnazione delle porte del Battistero di Firenze. Illumina circa gli orientamenti della committenza agli inizi del ‘400 ed evidenzia il cambiamento in seno alle arti decorative nel corso del XV e XVI secolo.
Giovanna Lazzi si sofferma sulla miniatura. Illustra l’attività del miniatore, i gusti che cambiano e il ruolo del committente che si fa sempre più importante nello sviluppo e nella realizzazione del programma iconografico. Il manoscritto miniato unisce in uno il testo da tramandare e le immagini che ne forniscono l’interpretazione o il commento. E’ uno strumento indispensabile alla cultura dell’uomo rinascimentale.
Shuji Takashima celebra la gloria di Raffaello, mettendo in risalto l’universalità della sua opera. L’artista urbinate, pur essendo legato alla sua epoca, realizza opere di straordinaria bellezza che superano i confini temporali. L’abilità tecnica, la compostezza classica e l’indagine psicologica rendono immortali i personaggi che ritrae.
Il penultimo saggio è di Michiaki Koshikawa, Individualità e concetto. Note sulla ritrattistica del Cinquecento. Il punto di partenza è il trattato sulla pittura di Leon Battista Alberti e, precisamente il passo in cui l’autore allude alla forza divina della pittura che rende i ritratti dei personaggi del passato ancora vivi nel presente. Il discorso quindi si sofferma sul Ritratto di papa Giulio II di Raffaello, celebrato dal Vasari per il forte realismo. La grande rivoluzione nella ritrattistica rinascimentale consiste non solo nella volontà di riprodurre il modello fisicamente, ma anche nel rappresentare la sua personalità ideale, il ruolo sociale, culturale e politico. Dal ritratto realizzato da Raffaello, l’attenzione si sposta sull’opera di Tiziano, il Ritratto di Pietro Aretino. Il ritratto è messo in relazione con il Mosè di Michelangelo per la forza espressiva che connota entrambe le opere. La terribilità michelangiolesca sembra essere alla base del ritratto di Tiziano.
Mitsumasa Takanashi, curatore della versione giapponese della mostra sul Rinascimento, chiude questa prima parte del catalogo. Il suo contributo, ‘Una historia causalitatis. Struttura della pittura narrativa del XV secolo è volto a spiegare la struttura della descrizione narrativa nella pittura rinascimentale, analizzando anche il principio fondamentale della pittura italiana: la rappresentazione prospettica. E’ un saggio molto approfondito e interessante che indaga con precisione le tematiche in oggetto.
La seconda parte del catalogo illustra le quattro sezioni della mostra romana.
Daniela Bruni
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