Il nuovo libro di Ariella Azoulay, Potential History: Unlearning Imperialism, indaga come l’impronta storica del colonialismo eserciti ancora una fortissima influenza sulle narrative dei musei occidentali. Nel suo saggio, Ariella Azoulay cerca di dimostrare che il legame che esiste fra colonialismo e musei occidentali sia ancora strettissimo: causa l’atteggiamento imperialista al quale il mondo culturale è ancora asservito.
L’autrice inizia il suo percorso di studi indagando le problematiche legate alle infrastrutture politiche americane. È proprio attraverso questi studi che ritiene doveroso dimostrare come le istituzioni culturali che costruiscono il nostro mondo, dagli archivi e i musei alle idee di sovranità e ai diritti umani e alla storia stessa, dipendono tutte da modi di pensare imperiali. All’interno del suo nuovo libro, Ariella Azoulay racconta come la costruzione dei musei negli Stati Uniti e in Europa ruoti ancora oggi attorno ai numerosissimi saccheggi operati dal colonialismo.
È a partire dagli anni ’60 che in Europa nasce una vasta gamma di fenomeni sociali, politici e culturali che si occupano di studi post coloniali. La volontà è quella di indagare lo sviluppo delle diverse identità nazionali come prosecuzione delle dominazioni coloniali e, dunque, approfondendo i temi relativi all’identità attraverso i concetti di inclusione, razza ed etnicità.
Tuttavia, è solo negli ultimi anni che una parte sempre più ampia del mondo accademico sta focalizzando le proprie narrative sulla critica postcoloniale e antimperialista. Ciò è avvenuto anche a causa del crescente clima politico caratterizzato da forti spinte di conservatorismo sociale e dall’ascesa dei movimenti afferenti al suprematismo occidentale.
Ariella Azoulay ci invita a riavvolgere la nostra storia per disimparare i nostri diritti imperiali. Invece di cercare un nuovo futuro, ci spinge a rifiutare la violenza imperialistica che impregna il mondo culturale, sociale e politico, rendendo presente ciò che è stato inventato come “passato” e riportando a galla la violenza con cui è stata costruita la storia del mondo culturale, per esempio, l’annosa querelle sui Marmi del Partenone al British Museum.
Nonostante la critica accademica contemporanea stia cercando di proporre nuove strategie contro le pretese egemoniche che superino il revisionismo storico, il libro di Ariella Azoulay può dimostrarsi una lettura interessante poiché analizza il colonialismo con un taglio innovativo. Il libro si concentra infatti sul ruolo che la fotografia ha avuto nella formazione delle immagini delle nazioni e ha molto da dire a proposito del mondo culturale, dei musei e della violenza delle loro narrazioni.
Nel corso di un’intervista, la stessa autrice sostiene che ciò che stanno facendo gli autori che si occupano di studi postcoloniali non è andare contro la storia, poiché ciò sarebbe comunque un’affermazione della storia, ma piuttosto creare un “contro” rispetto alla storia. Supponendo che la storia sia un’offesa alle aspirazioni delle persone di proteggere il mondo distrutto dal capitalismo razziale e dall’imperialismo, la contrapposizione alla storia è una provocazione che afferma: tutto ciò che è stato realizzato attraverso la violenza non è storia, cioè non è finita, non appartiene al passato.
Il libro è acquistabile online su siti esteri e italiani, Hyperallergic ci mette però a disposizione un podcast in lingua inglese da ascoltare comodamente a casa.
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