All’interno della sua vasta produzione, costituita da tragedie, poesie, saggi sul cattolicesimo, saggi linguistici e letterari, I promessi sposi sono ancora oggi l’opera più celebre di Alessandro Manzoni (1785 – 1873), uno dei romanzi caposaldo della nostra letteratura. La genesi di questo capolavoro universale non è stata però facile, poiché prima dell’edizione definitiva del 1840, ci sono state altre due stesure. Una elaborata fra il 1821 e il 1823, e una del 1827. La prima, intitolata Fermo e Lucia (che le Edizioni Intra hanno riproposto nel 2021 in una bella edizione integrale), costituisce un poderoso esempio di romanzo storico, che approfondisce con perizia i connotati ambientali, i costumi, la cultura del Seicento. Lo fa scegliendo una vicenda tormentata, che è un po’ lo specchio dei tempi, e il romanzo acquisisce tinte fosche per mezzo di personaggi torbidi come Don Rodrigo e il Conte del Sagrato, dei quali emerge l’indole violenta e rapace, e personaggi controversi come la Monaca di Monza e Don Abbondio; sono loro i perni delle atmosfere disturbanti che permeano il romanzo. Se personaggi del genere possono sembrare un richiamo ai romanzi storici goticheggianti di Walter Scott, in realtà la questione è più ampia; tratteggiando quei caratteri, Manzoni si allontana dal fantastico e dall’avventuroso per ricreare l’atmosfera sociale del XVII Secolo, stigmatizzandone la corruzione sociale e morale, la violenza, la cupidigia di potere e di dominio sugli esseri umani. Con sguardo illuministico ma anche permeato di moralismo cattolico, Manzoni distingue buoni e malvagi in maniera netta, senza però intenti di edificazione morale. Sono molte le digressioni, nei quattro tomi che costituiscono l’intero volume, con le quali l’autore approfondisce le vicende dei personaggi più controversi, in particolare della Monaca di Monza, che qui ha molto più spazio rispetto ai Promessi sposi. Gli stessi protagonisti appaiono più carnali e sanguigni, perché Fermo lascia trasparire un’indole istintiva incline anche alla violenza, e in tal modo emerge come anche nelle classi più umili potessero allignare sparute tracce di malvagità, anche se non comparabili a quella sovente espressa dalle classi al potere; Lucia appare invece al lettore come una giovane donna assai loquace, più “aperta al mondo” di quanto non sia la sua pudica versione del 1840.
Rispetto ai Promessi sposi, che ha un carattere più ideale, il Fermo e Lucia ritrae forse con maggior efficacia il piano sociale del XVII Secolo nel Ducato di Milano, presentando al lettore una vicenda verosimile, dove la sofferenza, sia fisica sia morale, è una sorta di pane quotidiano, e pochi sembrano essere i modi per mettersene al riparo. Se la vicenda è compiuta e indipendente rispetto ai Promessi sposi, ciò che a Manzoni non è ancora riuscito risolvere fra quelle pagine è la questione della lingua. Il romanzo è costruito infatti su una lingua ibrida, che include espressioni letterarie, elementi dialettali, latinismi e persino prestiti di lingue straniere (lo spagnolo su tutte). Lo stesso autore la definì “un composto indigesto di frasi un po’ lombarde, un po’ toscane, un po’ francesi, un po’ anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall’una o dall’altra di esse”. Ciò nulla toglie alla bellezza “nera” del romanzo, con le desolanti descrizioni della peste, della carestia, delle sopraffazioni, sullo sfondo della dominazione spagnola.
Con i Promessi sposi nell’edizione del 1840 (che ha avuto un “prologo” con quella del 1827), Manzoni raggiunge finalmente il sospirato equilibrio fra il rigore della documentazione storica, che rimane intatto, e la necessità di costruire un romanzo a suo modo edificante; per questo, i personaggi, pur rimanendo memorabili (e quelli “negativi” lo sono forse più di quelli positivi, con l’eccezione di Fra’ Cristoforo che ha però un passato movimentato), perdono molte delle loro spigolosità; il Conte del Sagrato diviene l’Innominato, e la sua conversione, sincera e totale, è forse uno degli esempi più eclatanti del “rimodellamento” operato da Manzoni. La Divina Provvidenza è poi un altro elemento di distacco dal Fermo e Lucia; la sua presenza, l’opportunità che offre per un ravvedimento e una rinuncia al peccato, spingono il romanzo sulla via dell’edificazione morale in senso cattolico. Almeno idealmente, è possibile una società giusta, dove i torti commessi verso i deboli possono essere riparati ed espiati con il pentimento. Nella nuova versione, il personaggio di Lucia perde forse un po’ d’interesse, “sbiadendo” in una pudicizia morale che le toglie un po’ di carattere; la morte di Don Rodrigo è più commovente che drammatica, facendo immaginare un suo pentimento, così come il lieto fine si compie sotto tutti gli aspetti, e un gioviale Don Abbondio quasi si augura un’epidemia di peste per ogni generazione, considerando che, forse grazie alla Divina Provvidenza, riesce a riportare un po’ di giustizia nel mondo. Una considerazione paradossale, ma che esemplifica le differenze nel carattere del personaggio: sostanzialmente meschino nel Fermo e Lucia, estremamente pauroso ma capace anche di slanci d’ironia e generosità ne I promessi sposi.
Addolciti i caratteri del “romanzo nero”, Manzoni porta a compimento anche l’architettura linguistica: un lungo soggiorno a Firenze lo porta infatti a propendere per l’uso della lingua fiorentina, quella del quotidiano non appesantita dagli interventi dell’Accademia della Crusca (il permanere di alcune espressioni spagnole serve soltanto ad aggiungere una nota di colore storico); e proprio questa scelta farà dei Promessi sposi un importante strumento di unità culturale, dove i lettori, oltre alla lingua comune, potevano ritrovare anche alcuni velati riferimenti al Risorgimento; infatti, all’epoca, era agevole ravvisare nel giogo della dominazione spagnola su Milano, un possibile accostamento a quella austriaca sul Lombardo-Veneto. Il romanzo, anche se paradossalmente non portò a Manzoni un elevato ritorno economico, ebbe grandissimo successo ed entrò nell’immaginario collettivo in quanto pilastro imprescindibile della moderna cultura italiana.
Alessandro Manzoni, Fermo e Lucia, Edizioni Intra, 2021
Alessandro Manzoni, I promessi sposi, Edizioni Intra, 2021
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