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Fluxus è uno scherzo: due recenti volumi per entrare nella Neoavanguardia
Libri ed editoria
di Luigi Abbate
Chiusa a metà aprile, la mostra “Fluxus – Arte per tutti, Edizioni italiane dalla Collezione Luigi Bonotto” al milanese Museo del Novecento ha lasciato in eredità echi e riflessi grazie a occasioni d’incontro e contributi editoriali. Anzitutto un concerto che ha parzialmente coperto l’essenziale presenza della musica nel movimento creato da George Maciunas. Al giovane e brillante pianista Diego Petrella, che il concerto ha tenuto in Sala Fontana, l’Associazione NoMus e la Società del Quartetto han dato carta bianca nell’impaginare il programma. Petrella ha accettato la sfida costruendo un canovaccio su alcuni numeri dalle Compositions di La Monte Young, come quello con il celebre bicordo Si/Fa diesis, per condurre “dadaisticamente” se stesso e il pubblico, che con lui girovagava per la sala in una peripezia di suoni/gesti che coinvolgeva anche altri autori, reali e “ipotetici”, da Cage e Bussotti fino a Schumann e a tal Johann Van Kessel.
Ci son poi state le presentazioni di due libri freschi di stampa, il catalogo della mostra per Danilo Montanari Editore, e gli “Scritti Fluxus” di George Maciunas, edito da Abscondita. Nel primo, in italiano con traduzione inglese, i due curatori della mostra, Patrizio Peterlini, direttore della Fondazione Bonotto, e Martina Corgnati, ne contestualizzano motivazioni e sostanza poetica, rivolgendo particolare attenzione, per la prima volta in sede espositiva, alle presenze italiane. Proprio in Italia infatti Fluxus trova un luogo d’elezione metaforica in una sorta di decentramento creativo dove manifestare la propria «Ideologia egualitaria», come scrive Corgnati, che ne sottolinea la produzione seriale, il basarsi su «Tracce di un accaduto», il contesto illuminato dalla “musa” Carla Lonzi, dai prodromi dell’Internazionale Situazionista, con Gallizio prima leader poi escluso, fino alle derive di Arte Povera e Poesia Visiva con il Gruppo 70 (Marcucci, Chiari, Ketty La Rocca) e l’immaterialità dei suoi esperimenti performativi. Peterlini introduce storicamente e commenta riccamente l’esposizione, testimoniata nel volume dal bel riscontro fotografico.
Purge the World!, Purgare il mondo, è il motto coniato dal suo fondatore George Maciunas nel “Secondo Manifesto Fluxus”, del 1963. Motto che a sua volta segna una linea di continuità fra il catalogo e il libro di Abscondita, curato sempre da Peterlini con Angela Sanna, prima raccolta in assoluto di testi d’un singolare artista/intellettuale difficile da delineare e ancor meno da catalogare, nel quale si mischiano istanze estetiche e ideali sociopolitici, spirito polemico e slanci di generosità, il tutto in un contesto di negazione dell’ego/artista e dell’opera come feticcio, e viceversa di infruttuosa valorizzazione del collettivo (tutto l’armamentario con prefisso Flux – Kit, Shop, Box, Review – non ha avuto buona sorte). Ovvio che negli Usa, il paese che lo accolse dalla nativa Lituania, lui e il suo movimento furono rifiutati come prodotto di “mera goliardia”: basti solo la denuncia antimperialista, la cui quintessenza fu la contestazione, con picchetti davanti al teatro, del noto concerto Originale di Stockhausen dato a New York l’8 settembre 1964.
Interesse gli viene invece dall’Europa, già avvezza alle bizze delle avanguardie storiche, e, si diceva, dall’Italia, dove Fluxus prende piede grazie all’ «Ideologia anticapitalistica e allo sberleffo iconoclasta», scrive Peterlini. Dal ’64 e per alcuni anni a seguire, performance di artisti-musicisti, Giuseppe Chiari ad esempio, saranno “coccolate” da operatori come Giancarlo Politi e sostenitori come Rosanna Chiessi, Beppe Morra, Lucrezia De Domizio, Luigi Bonotto, per l’appunto. E Francesco Conz, a proposito del quale, altra iniziativa collaterale alla mostra milanese, è stato presentato un film – “Conz. L’ultimo collezionista”, regia di Roberto Delvoi – che racconta la vicenda di un imprenditore veneto capace a metà Anni ’70 di lasciare l’attività per dedicarsi al sostegno non solo di Fluxus ma di tutte le neoavanguardie artistiche della seconda metà del Novecento.
Dunque Maciunas “tuttologo” della creatività. Forse anche per questo risulta quasi inevitabile l’ammissione in postfazione al volume dei due curatori: «Cosa sia stato esattamente Fluxus non è ancora del tutto chiaro». Salvo poi tentare una definizione che pur nella sua incompletezza piace far propria: «Fluxus è uno scherzo, una gag. E Maciunas è il suo indiscusso capocomico».