Il poeta surrealista Paul Eluard vestito da donna olandese del Seicento, Picasso e Dora Maar in vacanza nel sud della Francia, la ballerina Fonteyn con un cappellino di feltro nero, Clark Gable arruolato nella US Air Force. Gli amici artisti del ricco marito collezionista ma anche le addette all’artiglieria della II guerra mondiale, e ancora una donna che guida il trattore, Colette settantunenne, il direttore del MoMA Alfred Barr che nutre i maiali.
Un libro di ritratti fotografici in bianco e nero -scattati durante tutta una vita- quelli di Lee Miller , artista straordinaria ed eccentrica che, come tanti altri compatrioti, sul finire degli anni Venti giunse a Parigi dall’America per cercare la sua strada in nome della creatività. La troverà alla scuola surrealista di Man Ray, che sarà per un periodo suo compagno finché non lo abbandonerà per seguire un’esistenza brillante accanto a uomini ricchi e potenti, come il primo marito industriale egiziano o il secondo, Robert Penrose, fondatore dell’Istitute of Contemporary Art di Londra.
La sua carriera era iniziata come modella, grazie all’incontro con l’editore Condè Nast, ma la conoscenza dei migliori fotografi e gli scatti di Steichen e Man Ray l’avevano avvicinata alla fotografia . Agli inizi le suggestioni surrealiste e la tecnica della solarizzazione, poi l’impronta teatrale data dalla lunga collaborazione con Vogue segnano i suoi ritratti, siano essi eseguiti per la moda, nello studio di Montparnasse o all’aria aperta nel deserto riprendendo gli amici che sciano tra le dune di sabbia.
Un soggiorno fiorentino e il contatto con l’arte rinascimentale la portano a una concezione aulica del ritratto. Sebbene lei stessa abbia interpretato il ruolo di una statua classica in un film di Jean Cocteau, il mondo del passato sembra non fare per lei: un’artista che riveste con coraggio ed indomita energia il ruolo della donna emancipata e moderna. Della Miller, morta nel 1977 dopo una vita segnata anche dall’alcolismo e dalla depressione, rimangono non solo le immagini degli attori, dei personaggi del bel mondo, di scienziati e intellettuali, ma anche i tremendi scatti realizzati come inviata di guerra per l’esercito americano. Foto di donne che compiono lavori tradizionalmente maschili, di profughi nelle città bombardate, di bambini soli negli ospedali, dei prigionieri di Dachau, di lei stessa che fa il bagno nella vasca di Hitler, di nazisti morti suicidi il cui rigor mortis è composto come un Cristo di Grünewald. Un’esperienza questa che la segnerà moltissimo e che ne farà una delle più lucide reporter e giornaliste dell’epoca. Perché, come afferma lei stessa, durante guerra “c’erano infinite cose, commoventi, dolorose o bizzarre ” da fotografare. Alla fine del conflitto, il ritorno alla normalità e la riscoperta degli amici di sempre, tra cui Picasso, cui scattò foto per più di un ventennio.
Il bel volume Lee Miller – Ritratti di una vitadella casa editrice Olivares di Milano è curato da Richard Calvocoressi, direttore della Scottish National Gallery of Modern Art di Edimburgo, dove nel 2001 è stata allestita una retrospettiva dedicata all’artista.
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