Franco Maria Ricci, storica casa editrice parmense dedicata all’arte e alla cultura, rende omaggio ad alcune delle più belle città italiane attraverso una serie di pubblicazioni monografiche di alto spessore intellettuale e dalla pregevole fattura estetica. Dopo Bergamo, Mantova, Napoli, Parma, Torino, è il turno di Palermo, uno scrigno di bellezza, ponte culturale fra Europa e Oriente. A cura di Giorgio Villani.
Palermo è senza dubbio una delle più belle città d’Europa, e vanta una stratificazione culturale che dai Fenici di Cartagine, passando per le civiltà greca, romana, bizantina, araba, sveva, normanna, aragonese, austriaca, arriva sino ai nostri giorni con un ricchissimo substrato culturale, un mosaico che si riverbera nell’architettura così come nella mentalità e nello stile di vita dei palermitani contemporanei, ancora oggi depositari di una cultura che unisce l’Oriente e l’Occidente, l’Europa, l’Africa e l’Asia.
Strutturato su sette saggi che narrano la città dal punto di vista storico, artistico, sociale, letterario e architettonico, questo volume di grande formato e impreziosito da decine di fotografie formato testo di Massimo Listri, Luciano Romano e Manfredi Gioacchini, accompagna il lettore in un viaggio straordinario fra chiese barocche e giardini che profumano di zagare, raffinati palazzi nobiliari, spettacolari celebrazioni religiose e colorati mercati, reminiscenze gattopardesche e suggestioni d’Oriente.
Qui, già nel IX Secolo, vivevano arabi, egiziani, siriani, iracheni, in armonia con ebrei e cristiani; qui Federico II avviò una corte che nel XIII Secolo era una delle più raffinate d’Europa, nel cui seno nacque la poesia siciliana che contribuì alla formazione della lingua italiana; qui l’insurrezione popolare del 12 gennaio 1848 riaffermò brevemente l’autonomia siciliana. E qui, purtroppo, dalla metà del Novecento, è cominciato quello sfacelo edilizio che ha in parte deturpato il volto femmineo di questa splendida città.
Ognuno dei saggi fa riferimento ad autori che hanno scritto su Palermo, avendoci vissuto o avendola visitata, quindi questa bella monografia costituisce anche uno spunto per costruire una propria biblioteca dedicata appunto alla città.
Palermo è orientale e araba, non soltanto per quel contemplativo fatalismo con cui i suoi abitanti affrontano ancora oggi la vita quotidiana; è araba per i suoi giardini non raramente ornati di eleganti palme, per gli agrumeti che, ancora in parte, le fanno corona; la memoria di quell’età sopravvive ancora oggi anche a livello letterario, nei versi di ‘Ali ibn ‘Abd ar-Rahmàn dedicati all’antica Conca d’Oro, nelle poesie di Abd al-Halìm ibn Abd al-Wahid e Ibn Hamdis, negli scritti del geografo iracheno Ibn Hawqal, che visitò Palermo nel 973 e la trovò accarezzata da «acque abbondanti, che scorrono da levante a ponente, con forza da volgere ciascuna due macine[…]. L’irrigazione dei giardini si fa più comunemente per mezzo di canali; ché molti giardini v’ha, sì come in Siria e in altri paesi».
Il richiamo all’Oriente era naturale, e rimarrà costante ispirazione anche per alcuni secoli successivi, ad esempio la cosiddetta Sala di Ruggero nel Palazzo dei Normanni è ricchissima, nelle decorazioni, di motivi arabi e indoiranici, fra cui palme, pavoni, datteri, e scene di caccia ispirate alla tradizione araba. Così come l’architettura della Cattedrale, con i suoi archi e le cupole maiolicate ricorda il Nord Africa e l’Andalusia.
Altrettanto forte dell’eredità araba, il barocco avvolge Palermo dei suoi colori, delle sue forme e decorazioni scenografiche, a cominciare dai marmi mischi e tramischi che, con gli stucchi colorati, ricoprono ancora oggi le pareti di tante chiese e tanti conventi. Motivi floreali, festoni di frutta, intarsi policromi, smalto e oro: così sono nati ambienti sacri che hanno il fascino di grotte marine o antri mitologici di antichi dèi. Un senso del fastoso e del teatrale che si ritrova anche nelle celebrazioni religiose stesse, che nei secoli non hanno mancato di affascinare i visitatori stranieri. Una “magniloquenza” che investe anche le cerimonie funebri, anche se trova il suo apice nella festa di Santa Rosalia, un momento topico del folklore e della spiritualità palermitani.
Palermo ha anche un’anima nobile, che questa bella monografia non manca di raccontare, ricorrendo anche a illustri scrittori quali Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Fulco di Verdura, blasonati gentiluomini purtroppo dimenticati da un’Italia distratta e qualunquista. L’anima nobile di Palermo era incarnata da persone come loro, che abitavano palazzi sontuosi nelle cui sale la signorilità raggiungeva apici forse mai toccati altrove; una nobiltà colta, cosmopolita eppure legatissima alle proprie radici, ai propri paesaggi, ai riti familiari immutabili (o così si credeva) nel tempo.
I Ricordi d’infanzia di Tomasi di Lampedusa diventano occasione per un viaggio nel tempo, riandando con la mente all’avito palazzo in cui vide la luce e visse tutta l’adolescenza, purtroppo distrutto da una bomba sganciata dall’aviazione statunitense nell’aprile del 1943. Quelle pagine raccontano un rapporto con la casa natale come quello di un figlio con la madre, simile a quello di Fulco di Verdura per Villa Niscemi, dove anch’egli trascorse l’infanzia. Due testimonianze che fanno conoscere la sensibilità palermitana per la bellezza, vantando la città palazzi affrescati da Gaspare Serenario e Giuseppe Velasco. Scrigni intimi di ricordi personali, rimasti appartati ma non meno parte della città di quanto non lo siano chiese, piazze, monumenti e giardini.
Palermo è questo e molto altro, da scoprire pagina dopo pagina nella monografia di Franco Maria Ricci, un volume che arricchisce la prestigiosa collana dedicata alle città d’Italia.
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