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La quarta dimensione della Prospettiva Napoletana: note su un saggio
Libri ed editoria
Sta suscitando interesse l’articolo pubblicato, a fine settembre 2021, dall’Alfiere, una rivista che vanta una notevole età: fondata, nel 1960, da Silvio Vitale, un avvocato studioso di storia, continua le sue pubblicazioni con la direzione del figlio Edoardo, magistrato, pittore, scrittore e un appassionato, da sempre, della vicenda napoletana. L’articolo parla di prospettiva, un argomento non facile: ricordo che in vita mia l’esame che trovai più ostico fu appunto quello su “La prospettiva come forma simbolica” di Erwin Panovsky, che il professore Aldo Masullo ci appioppò nel programma del corso di Perfezionamento in Storia dell’Arte.
Ma l’articolo sull’Alfiere è interessante forse soprattutto perché è comprensibile anche per i profani e considera che la prospettiva è il modo in cui guarda il mondo un’intera società e ciascuno di noi. Per di più esso, citando il libro “Lo spazio a 4 dimensioni nell’arte napoletana”, edito da Tullio Pironti, svela quella che definisce «Una straordinaria scoperta nella storia dell’arte»: la prospettiva napoletana. Che è molto diversa da quella toscana, inventata da ser Filippo Brunelleschi (1377-1446), tra il Trecento e il Quattrocento, a Firenze, ed è “la prospettiva” per antonomasia. Ce l’hanno anche fatta studiare a scuola ed è tuttora considerata un ottimo strumento per rappresentare la realtà.
Eppure, già poco dopo la sua invenzione, Leon Battista Alberti (1404-1472) la definì «Intellettuale e artificiale», perché consiste in un astratto schema geometrico che proietta sul piano, che ha due dimensioni, uno spazio che di dimensioni ne ha tre, quello teorizzato da Euclide nel III secolo a.C. (anche lo spazio euclideo lo abbiamo studiato a scuola: ricordate i teoremi di Euclide?) e la definì anche «Centrale», perché considera un unico punto di vista, quello del pittore. Con la prospettiva toscana, infatti, l’uomo guarda il mondo con un occhio solo: una visione solipsistica e anche egoistica che potrebbe aver avuto tra i suoi potenziali sviluppi l’odierna crisi ecologica e la parcellizzazione della società.
Della pittura di matrice toscana certamente continuiamo ad ammirare la piacevole armonia delle sue misure e la sicura stabilità che essa suggerisce. Ma non possiamo negare che lo spazio a tre dimensioni che essa definisce reale è invece un spazio-scatola, astratto e al contempo materialistico, che ben si accorda con la Firenze dei banchieri in cui ebbe tanto successo.
La prospettiva napoletana può definirsi corale, perché è costituita, invece, dai punti di vista di più persone, di una società omogenea e solidale, perché, nata dal mare, ha da sempre l’esperienza di chi ha vissuto su una nave, cioè che “siamo tutti sulla stessa barca”. Se, per la prospettiva toscana, lo spazio ha tre dimensioni, per la prospettiva napoletana lo spazio di dimensioni ne ha almeno quattro: le tre dimensioni della materia più la dimensione tempo.
Non solo lo ha affermato Albert Einstein, specificando che «Le radici del mio pensiero sono nella Magna Graeca», ma lo spazio-tempo è quello naturale, di cui noi abbiamo quotidianamente esperienza nella realtà. Per comprendere questo, dobbiamo ricordarci di ciò che già sappiamo dalla scienza: quello che vediamo intorno a noi sono i raggi di luce, che ci vengono rimandati dalla superficie della materia, che così diventa visibile: nel nostro quotidiano, senza la materia, per noi ci sarebbe il buio. Lo spazio non è negli oggetti ma tra gli oggetti e possiamo averne esperienza soltanto se ci muoviamo: se non abbiamo spazio, non possiamo muoverci. E il movimento consiste nello stare prima in un posto poi in un altro. Nasce così la prospettiva di uno spazio-tempo, che esiste a Napoli sin dalle origini magnogreche della città e che, come un fil rouge, trascorre in tutta la storia napoletana, fino al Settecento, quando viene realizzata precisamente nelle vedute della città.
Mi sono state fatte in proposito diverse domande. Vorrei spiegarmi più precisamente. Ma non riesco a farlo in un articolo. Potrei consigliarvi di leggere il libro della Pironti, in cui è illustrata anche la storia e la storia prospettica di altri Paesi europei. Ma vi prenderei giro, perché il libro, pubblicato nel 2014, dopo poco si era già esaurito. Pazienza.