Quattro volumi di 800 pagine ciascuno. Un’impresa colossale. È questo la nuova Enciclopedia dell’Arte Contemporanea, appena edita da Treccani. Non solo un catalogo degli artisti ma anche degli storici, dei critici, dei curatori, dei galleristi e dei mercanti, degli architetti, dei designer, dei registi, dei fumettisti, degli stilisti, dei poeti, degli scrittori e di quanti hanno avuto un significativo ruolo nel mondo dell’arte. Con un inedito sguardo critico, l’opera scandaglia e racconta, in modo divulgativo, più di un secolo di creatività, dal 1900 al 2021, osservandolo da molteplici punti di vista e cogliendone sfaccettature inedite. Si tratta della prima Enciclopedia italiana dedicata all’arte contemporanea a livello internazionale che propone una ricognizione di tipo fenomenologico. Diretta da Vincenzo Trione e Valeria Della Valle, l’enciclopedia vuole documentare, nella prospettiva più ampia e inclusiva possibile, le diverse componenti che entrano nel sistema dell’arte. Presentata in anteprima nazionale un mese fa alla Biennale di Venezia, l’enciclopedia è caratterizzata da un progetto grafico innovativo (curato da Polystudio) ed è accompagnata da una ricca selezione di immagini. Abbiamo chiesto a Vincenzo Trione di raccontarci il progetto.
Quali sono stati i problemi principali incontrati nel realizzare un’impresa di tale portata?
«I problemi sono stati molti e non sempre facili da superare. Non esisteva un modello al quale ci si poteva ispirare. Dietro di noi c’era la grande tradizione della Treccani, ma la Treccani non si era mai misurata con un’enciclopedia sull’arte contemporanea. Neanche a livello internazionale esisteva un pregresso significativo. Quindi abbiamo dovuto innanzitutto costruire un modello. Questo modello ci ha poi guidato nella costruzione di un piano di lavoro. Accanto a me, nella direzione, c’è stata Valeria Della Valle, che ha controllato tutte le voci per riportarle agli standard linguistico-formali della Treccani. Insieme abbiamo individuato una serie di autorevoli vicedirettori e referenti d’area, competenti sia per aree geografiche che per aree tematiche. Un aspetto fondamentale del metodo di lavoro è stato quello di non limitarci a voci di carattere monografico, su movimenti o artisti, ma di estendere il più possibile la trattazione a tutti gli attori del sistema dell’arte ed anche ai rapporti che questo ha intrattenuto con altri linguaggi. Nell’enciclopedia l’arte è trattata come problema. Ci sono tante voci di carattere tematico che affrontano alcune grandi questioni teoriche, questioni che non vogliono essere risolte ma vogliono aprire dibattiti. Il tutto è inquadrato in un’ottica geopolitica molto ampia. L’enciclopedia infatti parte dall’Italia ma vuole raccontare le eccellenze dell’arte in tutti i paesi del mondo».
Qual è stata la metodologia di scelta adoperata per individuare chi e cosa inserire?
«Una volta individuati i criteri generali abbiamo preso in considerazione solo figure rilevanti a livello internazionale. Siamo usciti da un’ottica localistica trattando figure che hanno già una letteratura critica consolidata, presenti presso i grandi musei del mondo o presso le grandi rassegne espositive internazionali come la Biennale di Venezia o Documenta. Un altro parametro di scelta è stato quello numerico. Abbiamo dovuto calibrare le voci distribuite tra le varie aree. La forza di un’enciclopedia d’altronde sono i limiti. Un’enciclopedia deve contenere solo voci di grande qualità, ciò che è destinato a rimanere e non quello che appartiene la cronaca».
Tra le tematiche trattate vi sono anche quelle definite “di confine”. Cosa s’intende con questa definizione?
«Il progetto dell’enciclopedia è di alta divulgazione. Vuole mettere insieme un piano rigorosamente informativo con un piano più strettamente critico. L’obiettivo è quello di dare un’informazione rigorosa e vigilata, nel segno della tradizione della Treccani, per tutti, con un linguaggio piano, discorsivo, assolutamente leggibile. Non a caso le voci non sono accompagnate da bibliografia. Ho scelto un taglio che fosse il più divulgativo possibile. In primo luogo abbiamo individuato molte voci che esplorano il confine tra le arti visive e gli altri linguaggi: letteratura, fotografia, architettura, cinema, design, moda. In secondo luogo abbiamo individuato alcune macroaree tematiche, esempio il digitale, il pop, il dada, e abbiamo esplorato come quel tema è stato declinato in diversi contesti geografici».
Vista la validità internazionale del lavoro, pensa sia possibile una traduzione in altre lingue e una commercializzazione al di fuori dell’Italia?
«L’enciclopedia avrà, seppur in tempi non rapidi, un’edizione in paperback, non rilegata e con un pezzo di copertina inferiore, e poi un’edizione digitale. La traduzione sarebbe la destinazione naturale però non può essere la Treccani a fare questo ma servirà l’interesse da parte di editori internazionali».
Il suo ruolo di direzione dell’impresa le consente una visione generale dei contesti analizzati. Alla luce di questa, quale pensa sia oggi il ruolo dell’Italia nello scenario dell’arte contemporanea internazionale?
«Ho spesso lavorato sul tema dell’identità dell’arte italiana che è un’identità molto forte, oscillante tra un bisogno di radicamento nel gusto di sperimentazione dell’avanguardia e la necessità di interrogare continuamente la memoria. Questa è la grande tradizione incarnata da quella linea che va da De Chirico a Giulio Paolini, fino a Francesco Vezzoli. La grande arte italiana tiene insieme questa oscillazione tra avanguardia e interrogazione delle radici. Credo che solo se l’Italia conserverà questa forte identità potrà avere un ruolo specifico all’interno del panorama internazionale».
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