15 luglio 2023

Le tracce nascoste di Antonio Canova a Roma, da scoprire in un nuovo volume

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A Palazzo Patrizi Clementi di Roma è stato presentato il volume, a cura di Anna Imponente e Giovanna Grumo, che ripercorre le vicende storiche di Palazzo Venezia e il suo legame con il grande Antonio Canova

Come prosecuzione delle Celebrazioni Nazionali di Antonio Canova, avvenute nel 2022, nella Sala delle Colonne di Palazzo Patrizi Clementi è stato presentato il nuovo volume dedicato all’artista, a cura di Anna Imponente e Giovanna Grumo, Dal titolo Sulle tracce dell’Accademia di Antonio Canova e di un bunker. Artisti contemporanei a Roma, edito da Gangemi.

La raccolta di saggi documenta una serie di ricerche, realizzate tra il 2010 e il 2014, relative non solo all’autore ma soprattutto al contesto circostante. Ciò si pone in una suggestiva coincidenza col centenario dell’Accademia del Regno Italico, originariamente diretta dallo scultore veneto. Tali orme, non ancora esplorate, che hanno caratterizzato le vicende storiche di Palazzo Venezia, divengono oggi mezzo di documentazione del vissuto di quel luogo. Si tratta di uno dei complessi più simbolici di Roma, di «Un palazzo inconfondibile nella sua forma lineare e compatta, dispiegata sotto la torre a lato, nella sua gran mole merlata e turrita», nelle parole di Imponente.

Un progetto abitabile, tra antichità e contemporaneità

L’origine di tale progetto risale ai restauri degli uffici della Soprintendenza per i Beni Storico-Artistici ed Etnoantropologici del Lazio, eseguiti gli uni in un’ala e gli altri in una sala del Palazzo. Questi hanno suggerito a Imponente, allora Soprintendente in carica, di richiamare a sé alcuni nomi del panorama artistico contemporaneo.

L’intento è quello di realizzare opere che abbiano funzione d’uso e arredo, per proporre una rinnovata creatività spaziale all’interno di un ambiente che, storicamente, prende il nome dello scultore. Nella Sala Canova emergono i nomi di Stefano Di Stasio, Maria Dompè, Cloti Ricciardi, Eloisa Gobbo, Paolo Hermanin e Claudio Palmieri. Si prosegue con le donazioni di Claudio Verna e di Ilia Peikov, fino all’acquisizione di una scultura di Pietro Consagra. Qui, le installazioni in acciaio si mescolano a tappeti colorati, le incisioni su specchio si alternano a oli su muro, fino ad alcune sedute ideali in cristallo e terracotta. Nel cortile principale, vi è l’opera in travertino di Jacopo Cascella, mentre nel chiostro del Palazzetto si ergono due colonne, tra cui quella in terracotta di Lucilla Catania, che «Da una parte assevera l’architettura e dall’altra assimila le leggi del corpo».

Jacopo Cascella, “Andando e stando” (2010), travertino, cm 150x75x33, ruote Ø cm 29

«La dignità dell’ornamento è stata identificata nei moduli di una perduta classicità, in cui la citazione del passato e un’idea di tempo circolare, giocosa e dissacrante, consentono la libertà di materiali nuovi e più livelli d’espressione», prosegue Imponente.

Anche all’interno del Ministero della Cultura è sembrato un caso interessante quello di inserire, all’interno della Sala Canova, le opere di 15 artisti contemporanei, acquisite dalle collezioni dello Stato. Lo sottolinea il Sottosegretario del Ministero della Cultura, Vittorio Sgarbi, in commissione insieme a Simonetta Lux, Carmelo Occhipinti e Silvio Perrella. Il critico d’arte presenta le figure di Lux e Imponente, come «Un punto d’arrivo, con la maturità dei loro studi e con l’impegno di una passione che era propria dei nostri “maggiori” a Roma, quali Argan e Calvesi».

Sala Canova, dopo i lavori di restauro

In questo manuale, sono stati oggetto d’indagine i lavori di bonifica al piano terra dell’ultimo bunker mussoliniano. Essi si sono dimostrati un’occasione per valorizzare gli ambienti, con il progetto illuminotecnico dello stesso e il ripristino della Sala Canova, da parte dell’architetto Carlo Serafini. Fin anche le porte dello spazio, denominate “Vas Canova”, richiamano la conversazione tra Napoleone e il Soprintendente alle Antichità e alle Belle Arti. Secondo un punto di vista che guarda all’attualità, vengono ricordati anche i recenti interventi site-specific di Michele De Luca, Sandro Sanna e Luca Patella. A questi è affidata «La narrazione a lungo sospesa su come superare l’anacronismo di sentirsi circondati solo dal passato».

Sala Canova, dopo i lavori di restauro

Indagini storiche che assecondano il movimento dello spirito

La ricerca condotta da Giovanna Grumo, invece, da un lato pone l’attenzione su una targa commemorativa murata nel cortile dell’edificio, su cui si legge “Canovae hic latio graias felicibus orsis/ aeula phidiacae dextra reduxit opes”. Dall’altro, consente di individuare le tracce tangibili dello studio e della presenza stessa del celebre autore in quello spazio. Essa risulta confermata dalla presenza in essa di un podio in muratura, che ricorda «Quello solitamente impiegato dai modelli in posa per l’esecuzione de nudi accademici». Tale indagine identifica, inoltre, attraverso documenti e rilievi architettonici, il contesto in cui Antonio Canova scolpì l’opera Il Teseo e il Minotauro (1781-1783), commissionato dall’ambasciatore Girolamo Zulian, e che ora si trova al Victoria and Albert Museum di Londra, ha ampliato le vedute di un nome, comunicandone «Il movimento del suo spirito».

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