13 luglio 2012

LIBRI L’assoluto silenzio della parola

 
L’ultima raccolta del premio Nobel Tomas Tranströmer, scrittore, traduttore, e soprattutto poeta. Pochi brevissimi componimenti per un’ipotesi di apocalisse risolutiva, il racconto del proprio vero sentire quotidiano, spesso affidandosi al “come”, cioè al più antico e classico strumento della retorica

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“Come”. Come uno. Come un essere quando sente l’esistere. Fortemente. Accade spesso a ciascuno, ogni giorno: un accidente qualsiasi che invece stupisce e spalanca territori tanto autentici quanto estranei agli estranei, perché indicibili, che né la Storia né la Scienza: nessun linguaggio è adeguato. È una vicenda interiore netta, quel sentire, un segmento ben definito, a volte decisivo, come innumerevoli altri, pure praticamente ineffabili, nella retta della vita. Se lo devi raccontare, vuoi essere esatto, minuzioso, senza approssimazioni né altro. Ma la parola non può farlo, ché la parola lì non parla più, è vuota. E se allora, come un santo bestemmiatore, provassi a professare proprio in quel vuoto, se in quel Vuoto vedessi un Aperto, se cercassi risorse nelle pause, nella ripresa del fiato, nel bianco tra i grafemi: se proprio questo usassi per parlare: l’assoluto silenzio della parola in sé, terra sempre vergine di niente e di nessuno?
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Lì incontreresti Tomas Tranströmer, svedese classe 1931, di mestiere psicologo, in tutto tredici brevi raccolte (la prima del ‘54), premio Nobel per la letteratura 2011 (“perché attraverso le sue immagini, dense e trasparenti, ha offerto un nuovo accesso alla realtà”). Di lui, in Italia, avevamo solo Poesie dal silenzio (Crocetti), una ricca antologia affidata all’indispensabile (e amorevole) cura di Maria Cristina Lombardi. Ora c’è qualcosa di più, soprattutto l’ultimo suo libro, Il grande mistero (uscito a Stoccolma nel 2004). Pochi brevissimi componimenti (quasi tutti nella forma dell’haiku: tre versi in tutto) per un’ipotesi di apocalisse risolutiva, la rivelazione dell’indicibile che ognuno conosce, il racconto esattissimo del proprio vero sentire quotidiano, spesso affidandosi al “come”, cioè al più antico e classico strumento della retorica, la metafora (espressa o implicita), portata con genio alle estreme conseguenze e posta in dialogo con altre (“Il sole bianco / s’allena e corre al monte / blu della morte”). Primadopo, qui e là, uomo animale pianta cosa: le categorie consuete evaporano: “I viali trotterellano / al guinzaglio dei raggi solari. / Qualcuno ha gridato?”. Egli, avverte la curatrice italiana, “invita discretamente il suo lettore all’intuizione, riconoscendogli la massima libertà di interpretazione del testo, che per lui è un oggetto indipendente tra autore e lettore”. A dare il titolo a questo libro è l’ultimo verso dell’ultima poesia: “Uomini-uccello. / Alberi di melo in fiore. / Il grande mistero”. Puro concretismo lirico.
di vittorio papi 
Il grande mistero
Autore: Tomas Transtromer  
Traduzione e cura:Maria Cristina Lombardi
Editore: Crocetti 
Anno di pubblicazione: 2011 
80 pagg., 9,50 €  
ISBN 978-88-8306227-8

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