Categorie: Libri ed editoria

libri_anteprime | Détournement e dirottamento | (postmedia 2009)

di - 18 Dicembre 2008
un’intervista presso gli studi di una tv via cavo locale per parlare di Shoot con la conduttrice Phyllis Lutjeans. Burden si recò all’appuntamento con la sua troupe; aveva genericamente avvisato la Lutjeans che aveva in progetto di farle “eseguire atti osceni” e aveva chiesto che l’intervista fosse trasmessa in diretta. Ma nessuno poteva davvero immaginare che, quasi rispondendo alla domanda sui suoi lavori in progetto, Burden si alzasse, puntasse un coltello alla gola della conduttrice, minacciando di ucciderla se l’emittente non avesse trasmesso dal vivo l’evento. Che il gesto, passato alla storia dell’arte (ma non solo!) con il titolo di T.V. Hijack, non fosse uno scherzo è stato confermato vent’anni dopo dalla stessa Lutjeans in un’intervista per il “Los Angeles Time”, nella quale si dichiarava “completamente terrorizzata”. […] Ancor più interessante è il fatto che comunque Burden non conservò il video in suo possesso ma lo distrusse, non certo per cancellare le prove di un ipotetico “reato” – o forse, al contrario, per cancellare in modo quasi rituale le vestigia di un segno del potere subito sopra la propria immagine.
Pochi anni dopo, […] Burden acquistò uno spazio pubblicitario di 30’ su ben cinque emittenti statunitensi. Gli spot erano di vario tipo: in uno apparivano semplicemente i nomi di grandi artisti che erano statisticamente considerati tali dalla gente comune, come Rembrandt, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Van Gogh e Picasso, a cui seguiva quello di Chris Burden. In un altro Burden dichiarava l’ammontare esatto delle sue entrate, dato che si trattava di soldi perlopiù proveniente da attività sostenute dal Nea e enti governativi (“Volevo essere il primo artista a fare una dichiarazione fiscale totale…”). Naturalmente le tv cercarono di bloccare la messa in onda degli spot, ma ormai lo spazio era pagato e anzi dovettero concedere all’artista un extra-bonus di emissioni.

Per me era qualcosa di veramente buono, perché significava potere. Sai, stai guidando per le strade e vedi milioni di case e sai che ognuno sta ricevendo questo messaggio, capisci – è usando la forma della pubblicità, perché per la verità il contenuto della tv commerciale sono gli spot pubblicitari. Il programma serve solo a farti vedere la pubblicità. Percepivo tutto ciò come una forma di potere, era qualcosa di molto buono”.
Anche se queste dichiarazioni potrebbero rimandare a una visione ancora mcluhaniana dei mass media – per cui il vero contenuto del medium è un altro medium, ovvero, il medium è il messaggio di se stesso – qui entrano in gioco numerose altre variabili. T.V. Hijack è un inedito e irripetibile rovesciamento delle parti, per cui il televisivo viene effettivamente impiegato per ciò che è – il “dramma della diretta”, quasi una premonizione dell’evento pienamente mediatico che avrebbe di fatto avuto luogo su tutte le tv statunitensi di lì a poco, nell’agosto 1972, come la famosa rapina di John Wojtowicz (che darà poi lo spunto a Dog Day Afternoon di Lumet, 1975, e a sua volta a The Third Memory di Huyghe, 2002), esso performa ciò che la tv desidera maggiormente, l’evento come tale, eventum tantum. Rispetto a T.V. Hijack gli spot artistici sembrerebbero un ripiego, ma invece ne costituiscono la diretta conseguenza: costringendo la tv a mandare in onda uno spazio televisivo pagato, essa è costretta a rispettare e a contraddire se stessa.
Il “senso di potere” percepito da Burden non va inteso in senso narcisistico: corrisponde alla potenza effettiva del mezzo, al “potere spirituale” e alla sensazione che, se pure è possibile rovesciarlo, tale rovesciamento deve avvenire al suo interno e grazie ai suoi stessi mezzi. Il senso di potere scatenato da Burden pare quasi la risposta alle celebri parole di Pasolini quando venne intervistato da Enzo Biagi nel 1971 (l’anno prima di T.V. Hijack!): “Di fronte all’ingenuità o alla sprovvedutezza di certi spettatori io stesso non vorrei dire certe cose. Quindi mi autocensuro. Ma a parte questo, è proprio il medium di massa in sé… nel momento in cui qualcuno ci ascolta nel video ha verso di me un rapporto da inferiore a superiore, che è un rapporto spaventosamente antidemocratico”.

Benché Pasolini fosse uno dei maggiori nemici della tv (che proponeva addirittura di abolire), mostra anche senso di altissima consapevolezza e la sua profonda comprensione del meccanismo della comunicazione audiovisiva, capace di restituire la realtà, come se fosse stata scoperta attraverso la sua riproduzione, cioè in forma “riflessa”. Questo aspetto riflessivo inevitabile che è intrinseco al modello televisivo ne mina da dentro ogni possibilità di sovversione – al punto che si potrebbe leggere T.V. Hijack a rovescio, non come una rivincita dell’arte, ma come un’apoteosi del televisivo come tale.
Persino l’evento più shockante, come un suicidio in diretta, si tinge proprio di questo colore riflessivo, una volta dentro la tv diventa (come notava Pasolini) “televisivo”. T.V. Hijack andrebbe dunque riletto insieme alla quasi coeva dichiarazione di Pasolini, come il suo omologo inverso: se PPP dichiara una volta dentro lo schermo che è impossibile uscirne […],T.V. Hijack svela il meccanismo del sensazionalismo tv nel momento in cui apparentemente vi si ribella. La cosa che accomuna i due gesti – che da questo punto di vista li rende estremi, definitivi per determinare l’autentica natura spirituale della tv – è il fatto di essere completamente formali, di essere privi di un vero contenuto, di limitarsi a definire cioè delle condizioni “trascendentali”: entrambi rispondono solo a un criterio di schematismo, non aggiungono nulla di positivo, si limitano […] a mostrare le condizioni di possibilità del medium, non rappresentano qualcosa, ma indicano ostensivamente qualcosa per via di confronto dialettico, di messa in situazione di qualcosa altrimenti percepito come “normale” – e che invece è la cosa stessa nella sua “ri-flessione” (un’intervista tv non è semplicemente un dialogo tra due persone piacevolmente sedute, ma uno sfruttamento comunicativo da parte di una delle due del potenziale dell’altra, una dichiarazione tv non sono solo parole o generici appelli, ma una comunicazione audiovisiva inversa in cui il destinatario viene investito non da contenuti ma da desideri immaginari ecc.).

In questa coincidentia oppositorum – fra l’intellettuale educato che dichiara in maniera esplosiva e radicale nel salotto televisivo che qualunque cosa dirà sarà ostaggio del mezzo stesso, e la performance dell’artista indisciplinato che invece si ribella al gioco e prende in ostaggio la sua intervistatrice – qui, risiede la massima comprensione della tv e del suo autentico “funzionamento”.

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Synopsis di Fulvio Carmagnola e Marco Senaldi

marco senaldi

la rubrica libri è diretta da marco enrico giacomelli


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 54. Te l’eri perso? Abbonati!

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