Così
come facemmo nell’autunno di alcuni anni fa, quando venne dato alle stampe il
catalogo generale della romana Gcam (invero concentrato “soltanto” sugli autori
dell’Ottocento), ci pare doveroso iniziare questa breve carrellata da
un’istituzione pubblica e dalla sua collezione. Si tratta dei due elegantissimi
volumi, curati da Virginia Bertone, che raccolgono i
Disegni del XIX secolo
della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Un titolo sontuoso che, come se non bastasse, si
accompagna al sottotitolo esplicativo – e delimitante –
Fogli scelti dal
Gabinetto Disegni e Stampe. Eh sì,
è proprio di quel gabinetto dal quale finalmente vengono tratti i lavori che
costituiscono le mostre allestite nella Wunderkammer della rinnovata Gam
piemontese. S’è iniziato con
Pietro Giacomo Palmieri e si prosegue (a partire dal 26 febbraio) con
Enrico
Gamba. Li si ritrova entrambi, va
da sé, nel cofanetto edito da Leo S. Olschki.
Nasce
invece quando il XIX va chiudendosi il terzogenito del celeberrimo Luigi,
Fausto
Pirandello. Ed è quasi altrettanto
nota la curatrice del suo
Catalogo generale, appena dato alle stampe da Electa, Claudia Gian
Ferrari. Anche in questo caso, com’è prevedibile, si tratta d’un volume
raffinato, con rilegatura d’ordinanza e copertina rigida. Certo austero, poiché
– ai saggi introduttivi firmati dalla curatrice, da Fabrizio D’Amico e da Flavia
Matitti – seguono una sessantina di pagine che riproducono a colori e su carta
patinata alcune delle opere dell’artista, per poi passare a immagini in bianco
e nero e di dimensioni ridotte per la sezione catalogativa in senso stretto.
D’altra parte, questi son strumenti rivolti essenzialmente agli addetti ai
lavori e agli appassionati più incalliti, nonché ovviamente ai collezionisti
dell’autore. E così facendo si limitano pure i costi di volumi che già di per
sé non possono esser distribuiti a prezzi irrisori, visto il carico di lavoro
di cui necessitano per essere realizzati.
Un
altro terzogenito, nato quando s’inaugurava la seconda parte del XIX secolo: è
l’incommensurabile
Medardo Rosso,
il cui
Catalogo ragionato della scultura è stato pubblicato da Skira (in collaborazione con il Museo dedicato
all’artista torinese) per le cure della specialista Paola Mola, affiancata da
Fabio Vittucci. Se fossero soltanto i numeri bruti a parlare, si potrebbe
citare lo shakespeariano “molto rumore per nulla”: le opere trattate sono
infatti appena 33. Ma basta conoscere anche solo minimamente Rosso e la sua
opera per immaginare quale debba esser stato lo sforzo (archivistico,
innanzitutto) per seguirne passo passo la realizzazione e l’incessante processo
di rimaneggiamento al quale l’artista sottoponeva ogni sua creazione. E così si
passa da quel numero iniziale alla novantina di esemplari documentati, e poi a
quelli privi di documentazione ma ritenuti originali – e con quale cautela si
debba utilizzare un termine del genere, in specie per quanto concerne Rosso,
potrebbe esser oggetto di saggi corposi -, e ancora alle fusioni autorizzate
dal figlio dell’artista.
Giungiamo
così, infine, in pieno Novecento. E lo facciamo in uno dei migliori dei modi,
ossia in compagnia di
Alighiero Boetti. È infatti in libreria, finalmente, il primo tomo del suo
Catalogo
generale. Ancora un artista
torinese, dunque, ma che sarebbe oltremodo scorretto – come pure nel caso di
Rosso, a dire il vero – legare a
una città: c’è infatti almeno un Boetti afghano e uno romano. E poi non si
dimentichi che parliamo d’un artista che per anni si firmò Alighiero &
Boetti, andando a infilare il coltello nella piaga della firma, e dunque
dell’originalità, della proprietà. Insomma, nel concetto
moderno di (opera d’)arte. Tornando all’impresa
editoriale:
i tipi sono ancora quelli di Electa, la curatela affidata
all’Archivio Alighiero Boetti, la direzione scientifica a Jean-Christophe
Ammann. E, a voler fare qualche altro nome, si scorgono personaggi come Ida Gianelli
e Nicholas Serota nel comitato d’onore, o Achille Bonito Oliva e Carolyn
Christov-Bakargiev fra i consiglieri scientifici. Un
parterre de roi, e ci mancherebbe altro! Volume in massima parte
realizzato a colori, copre il primo decennio dell’opera(to) di Boetti, ossia
gli anni 1961-1971. In progetto ci sono altri tre cofanetti, dedicati al
decennio successivo, poi al periodo 1979-1985 e infine a quello finale,
1986-1994. E il secondo è previsto già per l’anno in corso. Allora è forse
valsa la pena di attendere una quindicina d’anni per veder realizzato il primo;
perché così si potrà giungere a compimento dell’opera, si spera, nel volgere
d’un triennio. Durante il quale auspichiamo, ancora una volta, che Roma gli
dedichi una piazza, quella antistante il Maxxi di
Zaha Hadid.
Chiudiamo
con quello che, per ovvi motivi, non può dirsi un catalogo generale. E infatti
il sottotitolo di
Mimmo Paladino – il libro edito da Skira per la collana
Cataloghi ragionati e curato da Enzo Di Martino – è semplicemente
La
scultura 1980-2008. Il criterio
adottato per presentare l’opera plastica dell’artista di Paduli è di tipo non
cronologico bensì “categoriale”. I lavori sono così raccolti nelle sezioni
Sculture,
Geometrie,
Scultura e Architettura,
Spazi Urbani e
Installazioni. Ma ciò che sorprende, ed è una sorpresa
assolutamente positiva, sono le pagine che chiudono il volume: dedicate ai tre
principali “realizzatori” delle opere di
Paladino – la Michelangelo Lombardi Costruzioni, il
Laboratorio Artistico Segato & Trevelin e la Fonderia Artistica Venturi
Arte -, ci rammentano che dietro ogni creazione ci sono altre mani e altre
menti, troppo spesso sottovalutate e passate sotto silenzio.