C’è sempre una grande passione dietro una collezione importante. Alla ricerca del pezzo unico, del tassello che mancava, a dare corpo e forma alla raccolta che ci si è caparbiamente intestati di completare; un interesse che talvolta finisce per assumere i connotati di una vera e propria missione. È questo certamente il caso della collezione Mingardi di libri d’artista, recentemente presentata in mostra al Palazzo Magnani di Reggio Emilia.
Corrado Mingardi è un professore di lettere in pensione, appassionato musicologo e animatore della vita culturale di Busseto, nella bassa provincia parmigiana, dove vive da sempre. Come egli stesso racconta nella lunga e intensa intervista di Sandro Parmiggiani in apertura del catalogo, ha dato fondo, negli anni, a due eredità familiari e a tutti i suoi risparmi per mettere insieme quella che senza enfasi si può definire una delle più prestigiose collezioni di libri d’artista in Italia.
Un àmbito, quest’ultimo, molto frequentato dagli artisti del Novecento (anche italiani), ma ingenerosamente poco noto al grande pubblico e di fatto ancora poco esplorato dagli studi.
Ripercorrendo in filigrana le vicende di costituzione della raccolta Mingardi, Andrea Emiliani propone una breve storia della fortuna del libro d’artista in uno dei saggi introduttivi del volume, un utilissimo e attentamente curato repertorio iconografico e bibliografico -fra i pochi in lingua italiana- da cui certamente muovere per avviare qualsiasi ricognizione informata sull’editoria d’arte. Si scopre così che da una prima attenzione per le edizioni rare d’età moderna -da Aldo Manuzio a Bodoni- la collezione si è andata sempre più specializzando nel senso dei movimenti d’avanguardia, non trascurando l’ottocento romantico di Delacroix e Doré e il simbolismo raffinato ed elegante di Redon, Beardsley, Burne-Jones, De Carolis e Sartorio, come doverosa premessa a una sensibilità artistica che si fa sempre più peculiare nello stabilire relazioni e possibilità d’interpretazione con i testi scritti.
Ci sono tutti i classici della letteratura -dalla Bibbia alle Metamorfosi di Ovidio, dal Faust di Goethe a Le tentazioni di Sant’Antonio di Flaubert, dalle Favole di La Fontaine a La Certosa di Parma di Stendhal, e da Rimbaud, Quasimodo, Tzara, Palazzeschi e Marinetti fino a Mario Luzi- e ci sono tutti i grandi nomi dell’arte del Novecento –Chagall, Matisse, Picasso, Kirchener, Kandinsky, Kokoschka, de Chirico, Martini, Campigli, Carrà, Manzù, Maccari, Tàpies, Adami– a testimoniare come l’attualità delle pagine di ogni tempo possano ancora oggi validamente proporsi come occasione di ulteriori indagini poetiche. Messo da parte ogni conflitto per il primato delle arti, e di là ormai da secche derive didascaliche, l’illustrazione, se ha ancora senso chiamarla così, si rivela quale generosa chiave d’accesso ai misteri celati fra le righe di ogni pagina e si qualifica come naturale espansione figurativa delle immagini evocate dal testo, fino a scandire, attraverso la visione o la scrittura creativa, i tempi della lettura e della riflessione.
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