Vari e variegati sono i soggetti coinvolti in questa
iniziativa editoriale. L’oggetto d’interesse è la collezione Gori, che ha sede
nell’ormai mitica Fattoria di Celle; lo sforzo economico per la realizzazione
del tomo è della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia; la campagna
fotografica è firmata
Aurelio e
Francesca Amendola (ma almeno un’altra fotografa non va dimenticata,
Maria
Mulas, autrice di
alcuni scatti, uno per tutti quello che ritrae il
Senza titolo di
Claudio Parmiggiani realizzato per l’11esima Biennale
di scultura di Carrara). E naturalmente non si possono non menzionare gli
autori dei testi – non mere presentazioni, ma veri e propri saggi -, ossia
innanzitutto Giuliano Gori, e poi Amnon Barzel, Bruno Corà, Tadayasu Sakai e
Kosme de Barañano.
Ed è il padrone di casa a permettere di contestualizzare a
dovere l’imponente lavoro che si è svolto negli ultimi 25 anni e più in quel
della Toscana, patria “elettiva” dell’arte ambientale, e spesso pubblica. Tutto
inizia nel 1982, quando vengono inaugurate le prime quindici installazioni a
Celle, fra quelle allestite
en plein air e le altre collocate all’interno degli edifici che
compongono il complesso.
In realtà, però, citare l’anno del trionfo della Nazionale
di calcio ai Mondiali non è del tutto corretto. Almeno, non per indicare
l’esordio nell’arte della fattoria.
Ed è lo stesso Gori a rammentarlo, quando
scrive che le prime installazioni risalgono al XVII secolo, fra cappelle,
casine, ponti, voliere e quant’altro. In quest’ottica, si potrebbe dire che non
solo a Celle l’arte contemporanea convive con quella dei secoli scorsi; ancor
più, l’arte in generale condivide gli spazi con quella straordinaria artefice
inconsapevole ch’è la natura. E non è dunque un caso che Gori citi Carlo Belli,
quando scriveva che “
i diritti dell’arte iniziano dove terminano quelli
della natura”.
Con gli anni, gli edifici e il parco non sono più stati
sufficienti per continuare a realizzare gli interventi site specific. Gori non
ha però desistito, anzi ha dapprima occupato una porzione della zona agricola
confinante, e poi un’ulteriore fascia, questa dedicata a interventi temporanei,
della durata d’un triennio, terminato il quale l’opera “
avrebbe potuto
essere ritirata dall’artista, oppure restare in permanenza alla collezione”. Inutile dire che lo spazio sarà
presto nuovamente esaurito, e quindi sarà necessario prevedere altri
ampliamenti.
Detto questo, con una sintesi che rende solo in minima
parte giustizia alla straordinaria collezione Gori, è inevitabile trarre una
conseguenza lapalissiana. Ossia che il libro, pur nell’estrema cura con la
quale è stato realizzato, non può trasmettere affatto l’
emozione d’una giornata trascorsa a Celle.
Lo si acquisti, ma che sia stimolo alla o ricordo della
visita. Visita che permette di veder riflessa all’infinito quella natura
sublime nella
Cabane Eclatée aux 4 Salles di
Daniel Buren, o incorniciata dal
Grande
ferro Celle di
Burri. Natura ospitale grazie al
My
Sky Hole di
Bukichi
Inoue e allo
Spazio
Teatro Celle di
Beverly
Pepper,
o disorientante per il
Labyrinth di
Robert Morris. Visita arricchita degli ultimi –
finora – progetti site specific: quelli di
Anselm Kiefer e
Marco Tirelli che verranno inaugurati il
prossimo weekend.