“Un dato molto
importante”, spiega Francesca Fabiani, responsabile delle collezioni di
fotografia di Maxxi Architettura e curatrice del volume, “è che le opere sono state tutte acquisite dal Maxxi e, prima che esistesse questa fondazione,
dalla DARC – Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea, con
progetti di committenza mirati. Non si tratta, quindi, di opere acquisite
perché disponibili sul mercato, ma nate all’interno di progetti elaborati dal
museo che hanno coinvolto fotografi a svilupparne i contenuti”.
Il primo progetto di committenza è datato 2003 (Atlante Italiano 003. Ritratto dell’Italia
che cambia) e ha visto trenta fotografi coinvolti chiamati a indagare dieci
temi relativi ai “paesaggi del cambiamento”, circoscritti geograficamente: Mimmo Jodice con la sopraelevata di
Genova; Paola De Pietri con l’aeroporto
milanese della Malpensa; Giuseppe Leone
con lo stretto di Messina; Martino
Marangoni con il Polo Scientifico di Sesto Fiorentino; Antonio Biasiucci con il cantiere del Maxxi…
È la documentazione di mutamenti talvolta radicali, non
certo l’immagine stereotipata da cartolina, che ogni artista cattura con il
proprio sguardo e nella più totale libertà espressiva, che sia una spiaggia, un
borgo medievale snaturato, una riserva naturale.
Materiale molto diverso, a seconda del tema e soprattutto
dell’autore che l’ha trattato. Fotografi affermati e giovani talenti,
generazioni a confronto: Olivo Barbieri,
Mario Cresci, Claudio Gobbi, Raffaela
Mariniello, Walter Niedermayr, Gianni Berengo Gardin, David Farrell, Giovanni Chiaramonte, Bruna
Biamino, Francesco Jodice, Jordi Bernadò…
“Il catalogo
illustra in ordine alfabetico il lavoro di ciascun autore, attraverso una
scheda più critica che biografica, cercando di dare una chiave di lettura che
possa aiutare nella comprensione del loro lavoro”.
In questo racconto per immagini sulle trasformazioni del
Belpaese, che non sono solo urbanistico-architettoniche, ma investono –
travolgono – gli aspetti sociologici, salta agli occhi a pagina 337, la foto a
colori scattata a Roma, nel 2002, da Ippolita
Paolucci.
È il ritratto di un clown con la valigia, sullo sfondo la
Fontana dei Quattro Fiumi e in primo piano souvenir con l’icona del Colosseo.
Un’immagine emblematica e quanto mai attuale.
manuela de leonardis
la rubrica libri
è diretta da marco enrico giacomelli
Francesca Fabiani (a
cura di) – Maxxi Architettura. Fotografia. Le Collezioni
Electa, Milano 2010
Pagg. 415, € 30
ISBN 9788837075897
Info: la scheda dell’editore
[exibart]
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Più che raccontare, con i soliti, generici temi di mostra fotografica, sul paesaggio e all'architettura italiana, riterrei opportuno e proficuo, in questo momento storico angoscioso e confuso, affrontare il drammatico tema della distruzione sistematica del paesaggio e l'identità dei luoghi d'Italia: l'architettura degli scempi post-disastri, ovvero, quella connessa alla speculazione edilizia e alla cementificazione selvaggia del territorio, senza nessuna distinzioni di paesaggio o contesto ambientale. Quella che chiamiamo architettura grigia, anonima che infesta ovunque gran parte delle periferie delle nostre città e il territorio. Un'architettura selvaggia, che continua imperturbabile a distruggere interi ecosistemi.
Non c'è solo la speculazione selvaggia e la rendita parassitaria a produrre scempi sul paesaggio, va aggiunta, anche l'ignoranza storica degli attetti ai lavori, che ha contribuito non poco, a produrre in modo incessante mostruosità urbane. Le ragioni di questi scempi post-disastri sono da ricercare nella progressiva amnesia di quei saggi metodi costruttivi di organizzazione dello spazio umano, integrati ai fattori ambientali del luogo; che, in italia si erano stratificati nel corso del tempo, attraverso i secoli, caratterizzati dalla buona maniera dell'arte del costruire; sempre, in una armonica sintesi tra paesaggio storia e cultura. Dal Rinascimento in poi, fino alla prima metà del secolo scorso, il paesaggio, fino allora, aveva suggestionato la realizzazione dell'architettura, dell'habitat, inteso come involucro naturale per il benessere psico-fisico dell'uomo. Tutto in stretto rapporto con i fattori naturali e antropologici del luogo. L'arte e la cultura aveva modellato l'opera trasformatrice ed edificatrice dell'uomo in una dinamica di simbiosi con il paesaggio, con esiti di straordinaria umanizzazione dell'architettura,legata alla bellezza dell'ambiente e al tempo stesso era caratterizzazione di stili, di contesti paesaggistici, uno diverso dall'altro, ognuno con la propria forte identità locale. Basti guardare, soltanto alla splendita integrazione degli insediamenti abitativi nella campagna toscana, nella pianura padana, nelle valli alpine, nella dorsale appenninica o lungo le nostre coste. Difatti, l'architettura italiana ha alle spalle un glorioso passato, grazie al quale viviamo ancora di ampio credito nel Mondo (non so ancora per quanto) per la nostra sensibiltà estetica, benchè da molto tempo, abbiamo perduto le nostre radici estetiche di un architettura contemporanea, che salvo alcune eccezzioni, ha da molto tempo, perso quei paradigmi che la legavano indissolubilmente ai fattori naturali del paesaggio e al servizio dei bisogni materiali e spirituali dell' intera collettività.