Categorie: Libri ed editoria

libri_interviste | Cronaca di una morte annunciata

di - 4 Ottobre 2010
Meltemi
viene fondata nel 1994 e inizia la distribuzione nel 1996. L’impresa – in tutti
i sensi – è ideata da Luisa Capelli e Marco Della Lena. Il 30 aprile del 2010 è
una data ben più mesta da ricordare, poiché è il giorno in cui la casa editrice
chiude i battenti. Ma già nel 2008, sul sito www.meltemieditore.it, era comparso
un appello, Se non ora, quando?, che non prometteva nulla di buono.
Iniziava così: “Questo è un appello ad aiutarci a tenere
in vita la nostra casa editrice, da tempo serrata in una crisi profonda tanto
da renderne, oggi, incerto il futuro. Vi chiediamo di farlo semplicemente
acquistando i nostri libri, per voi stessi o donandoli a una biblioteca
”.

Evidentemente
gli sforzi dei lettori e sostenitori non sono stati sufficienti. E il vuoto che
lascerà l’editore romano, al di là della retorica su pluralismo e sostegno alla
cultura, è “misurabile” dai commenti dei firmatari della petizione Per la
Meltemi editrice: non facciamola morire in silenzio
. Firme
“pesanti”, che testimoniano d’una solidarietà espressa in maniera corale e
appassionata. Una solidarietà a cui si uniscono volentieri Exibart e in primis questa
rubrica, che tanto spazio ha dedicato a Meltemi sia online che onpaper. Perché
anche, e tanto, di arte si parlava nei suoi libri. Giusto per citare un
esempio, per l’editore capitolino qualche anno fa è uscito Enjoy! di Marco
Senaldi. Ne abbiamo parlato proprio con Luisa Capelli.

Meltemi, il nome di un vento… Con che visione avete
iniziato la vostra impresa quindici anni fa?

Meltemi, per evocare un progetto: come il vento utilizzato
da popoli che si muovevano abilmente nel Mediterraneo, la nostra idea era di
navigare nella produzione di ricerca nelle scienze umane per proporne ai
lettori attraversamenti e percorsi culturali scarsamente praticati dalla
produzione editoriale italiana. L’antropologia, gli studi culturali e
postcoloniali ci hanno guidato nelle scelte di contenuto; la relazione con la
ricerca accademica, il lavoro di traduzione e l’attenzione ai giovani autori ci
hanno spinto a rifuggire la superficialità.

Facci capire meglio: cosa non ha funzionato?

In Italia si legge poco, e si legge sempre meno un
determinato tipo di libri. Nella saggistica, si tende a pubblicare volumi
brevi, possibilmente di autori noti, e si spingono questi ultimi a uscite
frequenti e ravvicinate: premiando così i meccanismi più deleteri del mercato
(alta rotazione, iperproduzione, rapidissima obsolescenza dei titoli…).
Privilegiando la pubblicazione di opere impegnative, rifuggendo la rincorsa
all’attualità e volendo mantenere un’impronta non generalista del nostro
catalogo, siamo andati troppo a lungo controvento…

L’oligopolio è certamente un bel problema, almeno in
linea teorica. Però non basta a spiegare perché, in qualunque Paese vada, sul
metro o in treno vedo la gente leggere libri, mentre da noi quelli che lo fanno
sono mosche bianche…

L’oligopolio, come dicevo prima, non riguarda solo il
sistema distributivo-promozionale del libro: alla lunga, orienta le scelte
editoriali, i gusti dei lettori, l’abitudine ad affrontare letture laboriose.
Per me il mestiere di editore non può far rima solo con imprenditore, ma è
rappresentato da quella “editoria sì” di
Giulio Einaudi che stimola e provoca, piuttosto che assecondare. I dati sulla
lettura sono allarmanti: metà degli italiani non legge, un laureato su due
legge meno di un libro all’anno. E i finanziamenti per le biblioteche sono
stati ridotti di oltre il 30% negli ultimi anni. L’impegno dello Stato per
invertire questi dati, se non con rare iniziative propagandistiche, è
inesistente.

Certo non ha aiutato la soppressione, da parte delle
Poste, della tariffa agevolata per i celeberrimi “pieghi di libri”. Come ti
spieghi una decisione del genere?

La soppressione della tariffa agevolata è solo l’ultimo dei
provvedimenti penalizzanti. La logica è quella di prelevare i soldi a tappeto e
nel modo più semplice: se a rimetterci sono i più piccoli o i meno furbi,
peggio per loro…

Spesso la saggistica “seria” è sostenuta da fondi
universitari. I tagli che hanno colpito l’istruzione quanto hanno influito sul
bilancio di Meltemi? E come vedi la situazione generale? È pur vero che ci sono
alcune case editrici che in pratica sono university press mascherate. Allora
perché non seguire il modello anglo-americano? Mi dirai di andare a vedere che
percentuale di Pil investono in istruzione Usa e Italia, immagino…

In Italia il modello delle university press non si è
affermato. Sarebbe stato necessario istituire un sistema di valutazione
virtuoso per le proposte di pubblicazione, a partire dal mondo accademico.
Invece, si sono perlopiù trasferite le logiche del reclutamento universitario
anche nella scelta delle pubblicazioni, con i pessimi risultati di edizioni a
pagamento rivolte a commissioni concorsuali piuttosto che ai lettori. La
progressiva riduzione delle risorse a disposizione dei docenti limita la
possibilità di finanziare le edizioni, ma ho l’impressione che le prime escluse
siano proprio le pubblicazioni estranee alla logica di cui sopra.

Parliamo di futuro. Ora che fate? Non ci credo che non
avete un piano B…

Ora la priorità è fare in modo che il catalogo possa
seguitare a vivere: sto cercando soluzioni perché possa avvenire. Io intendo
dedicare le mie energie all’editoria digitale, ma è prematuro parlarne.

Un’ultima domanda: sono finiti al macero i libri non
distribuiti? C’è eventualmente modo di sostenere Meltemi acquistandoli?

I libri non sono andati al macero: l’attuale difficoltà è
quella di poter continuare a distribuirli presso le librerie pur non avendo
novità editoriali in uscita. Contiamo comunque di poter presto riprendere le
vendite dal sito.

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a cura di marco enrico giacomelli

*articolo pubblicato su
Exibart.onpaper n. 68. Te l’eri perso?
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Meltemi Editore

Via Labicana 24 – 00184 Roma

Info: info@meltemieditore.it; www.meltemieditore.it

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