Avrei voluto averla io un’idea editoriale come questa. Mentre tutti stiamo ancora infilando manuali tradizionalmente schematizzati, sulle linee generali dei movimenti artistici, su sintesi necessariamente eccessive sui singoli astisti, con timidi accenni ad altre discipline e teorie, ecco che arriva un quartetto d’eccezione –e non so se ce ne sia un altro sulla faccia di questo pianeta che avrebbe potuto farlo– che si rigioca dei modi semplici ma rivitalizzati.
Intanto: come rifare la storia seguendo l’ordine cronologico senza sacrificare le stratificazioni che esistono, per la compresenza di varie esperienze contemporanee tra loro, permanenze e scatti in avanti, strade che si chiudono e altre che si aprono? Il problema non è di lana caprina, ma tocca anzi quello che è forse il nucleo teorico del libro, che emerge solo alla fine del volume. Ovvero che proprio oggi che sono caduti i “muri”, i “grandi racconti”, le ideologie alternative forti, che lo “spettacolo” e la globalizzazione rischiano da un lato di omologare e appiattire tutto e, dall’altro, di scatenare conflitti proprio per questo irrisolvibili, proprio oggi è l’occasione per ritrovare all’indietro certi “sentieri interrotti”. Esperienze
Dunque la risposta alla domanda è tanto semplice quanto efficace: seguiamo gli eventi storici significativi anno per anno, di seguito, perché questo permette felicemente al tempo stesso di “raccontare” e di mostrare stratificazioni di ogni tipo. Il libro dunque si struttura per anni, incentrati su eventi significativi: realizzazione di un’opera importante, un’esposizione, l’uscita del manifesto di un movimento, la pubblicazione di un testo… La lettura dà l’impressione di rivivere gli accadimenti dall’interno, da chi –parrà banale ripeterlo– è interessato da vicino alle cose dell’arte e a come sono vissute.
Ogni anno è scritto da uno degli autori, per cui le voci e i punti di vista si intrecciano e arricchiscono. Poi, in due punti importanti, dopo gli anni della Seconda guerra mondiale e alla fine, i quattro si raccolgono intorno a un tavolo e discutono apertamente, tirando le somme, rimettendo in discussione, verificando il dimenticato o il volutamente omesso, criticando eventuali posizioni l’uno
Di fronte a tutto questo, volete ancora star lì a discutere di quello che manca, del tal artista o del talaltro, della forzatura nell’interpretazione di qualcuno, della frecciatina nei confronti di un altro, del punto di vista troppo americano? Se invece non ne avete ancora abbastanza di informazioni e idee, ce n’è a iosa nelle indicazioni bibliografiche veramente selezionate e aggiornate, che non solo chiudono ad hoc ogni introduzione e ogni anno, ma si arricchiscono ancora in una bibliografia generale alla fine del volume: centinaia di libri che ancora ci restano da leggere!
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Il critico italiano abituato al proprio (o comunque) nostrano conformismo rimane abbacinato dal fatto che quattro persone di spessore intelettuale più che apprezzabile si mettano attorno ad un tavolo a discutere da posizioni non solo diverse tra di loro (Ma questo é un dibattito! incredibile!) ma spesso contrapposte al mainstream dei nostri ultimi anni.
il critico ialiano inguaribilmente affetto da soggezione e conformismo ha la tentazione (esplicitata) , anche in questo caso complesso, di accettare tutto in blocco e sembra voler prevenire qualche puntualizzazione invece più che legittima ("Troppo americano "ecc.).
Sarà la cultura cattolica del nostro paese ad aver impresso in noi questa necessità
di un'autorità esterna che in ogni caso legiferi per noi.
Il libro é comunque interessantissimo perché appunto ci mette di fronte a posizioni ed opinioni articolate ed motivate, spesso molto rivelatorie della mentalità e dell'esperienza statunitense: la descrizione di opere e periodi non é ipocritamente anestetizzata sotto una veste di neutralità ma è accompagnata da giudizi spesso taglienti e spesso imprevisti (almeno secondo certe abitudini.......)
Dove in italia potremmo trovare un critico che in barba ai poteri mercantili ha il coraggio di sbertucciare il simbolismo ,più che demodè , regressivo di un mostro sacro come Matthew Barney paragonato e liquidato come un piccolo Wagner fallito?
Dove possiamo trovare altrettanto chiaramente espresse le perplessità, tra l'altro molto sensate, riguardo all'efficacia
e alla validità dell'utopia politica di un artista osannato come Beuys?In quale pagina della nostra rivisteria nazionale potremmo trovare critiche di fuoco contro il sistema mercantile sviluppatosi dagli anni 80 (certo superficialismo post-moderno, figure di mecenati -mercanti come Saatchi ....) e allo stesso tempo critiche acute ad artisti come Tiravanja o a progetti come "Stazione Utopia" che pretenderebbero presuntuosamente di esserne il contraltare etico ?E non mancano accenni alla "peripateticità" di critici eccessivamente presenzialisti come Obrist...
I casi sarebbero lunghi da elencare e non basta questa mia lettera . Detto questo
questi quattro signori sono sì degli esseri pensanti ma umani come tutti noi e vengo
quindi alle necessarie puntualizzazioni negative .
Prima di tutto in troppi casi , forse una debolezza della traduzione? un linguaggio inutilmente criptico con frasi annodate su sè stesse. Descrizione di testi altrui(Vedi ad esempio la voce su Baudrillard)confuse
se non fuori di sesto. Cultura di base esclusivamente votata alla modernità con cadute ingenue quando si affronta esempi storici: ad esempio la rivalità tra disegno fiorentino e colore veneto diventa la rivalità tra disegno romano (?) e colore veneto.
. Nozioni imparaticce usate come grimaldelli per tutte le occasioni (Ad esempio citazioni a man bassa di autori come Lukacs per cui tutto ciò che non piace diventa "feticizzazione capitalistica" oppure folto lessico psicanalitico - emancipatorio a giustificare certe opere banali di autori con semplificate ossessioni omosessuali o femministe. Ricostruzioni di avvenimenti ed opere incompleteed inesatte ( ad esempio famosa performance dove Beuys si prese un pugno sul naso). Scarsa precisione nell'affrontare autori come Fontana
Analisi assai difettosa della pittura anni 80 per tacere dell'attuale.
Rivalutazione di figure oscure e sottotaciute (Conner) ma molte dimenticanze marchiane e selezioni arbitrarie. Non ci sono figure da rivalutare in europa ? E Fahlstrom? Infine un punto di vista americano che tende a dare importanza ad artisti (Kruger, Holzer) eccessivamente semplici per lo sguardo sofisticato di un europeo acculturato.Positiva invece oltre che rivelatoria l'assenza di artisti sopravvalutati
e infantili come Cattelan e Beecroft.
Complimenti, bellissima recensione e...non vedo l'ora di comprare e leggere il libro!!