È alla Mostra internazionale del cinema di Venezia, nel 2001, che nella sezione “Nuovi territori” fu presentato quest’atipico documentario-ritratto di
Luca Ronchi dedicato a
Mario Schifano. Un lavoro che ora è disponibile per l’home video a un prezzo oltremodo accessibile, se si tiene conto del libro che è allegato. La collana di Feltrinelli per la quale è pubblicato il cofanetto, “Real Cinema”, sta d’altronde già facendo notizia per una scelta di titoli piuttosto stuzzicante: per fare tre esempi recenti,
Cina – Chung Kuo di
Antonioni, il
Frank Gehry di
Pollack e lo
Zidane della premiata ditta
Philippe Parreno &
Douglas Gordon.
Tornando a Schifano, va da sé che il decennale della morte sia il momento propizio per proporre al grande pubblico questa sorta di documentario che si avvale di numerosi minuti di riprese realizzate dallo stesso artista di nascita libica. Così come non sono da perdere le mostre che lo celebrano, da quella in corso al parmense Palazzo Pigorini, ricchissima di materiale fotografico, alla grande antologica curata da Achille Bonito Oliva che si aprirà tra pochi giorni alla Gnam di Roma.
Il film inizia immancabilmente con le immagini trasmesse da un televisore, vera e propria ossessione di Schifano, che ne ha nutrito l’immaginario visivo in maniera bulimica, per proseguire subito dopo con le riprese realizzate dallo stesso artista nel 1968, protagonista Mick Jagger. Immagini, immagini di immagini e ancora ad aumentare la potenza, con la regia di Ronchi che si lascia percorrere a fondo da altre regie e montaggi e visioni che si accavallano. Con un montaggio rapido, brillante, che traduce in qualche modo la frenesia di Schifano, rammentata da Giorgio Marconi nell’intervista ad Arturo Carlo Quintavalle nel catalogo della succitata mostra di Parma (che, fra l’altro, Marconi non sia affatto preso in considerazione nel video è una mancanza inspiegabile per chi si sia occupato anche solo occasionalmente dell’opera di Schifano).
Costellano le riprese alcune interviste e interventi di amici, critici, galleristi: da Plinio De Martiis ad Achille Bonito Oliva, da uno zampettante Moravia d’annata al “
mercante d’arte” Emilio Mazzoli, senza dimenticare splendide “muse” come Eleonora Giorgi e Marianne Faithfull. Il tutto suddiviso in quattro tranche, dall’ambiente di quella che sarà la “scuola” di piazza del Popolo fino agli ultimi anni in compagnia del figlio. Ma le parole più intriganti sono quelle dello stesso Schifano: “
Quando nel ’60 ho deciso di fare il pittore non si è trattato di vocazione, era una cosa più intelligente”; “
la parte più logica della mia vita è il mio lavoro”; “
il cinema non ha cultura”. E ancora, accennando all’etichetta anacronistica e anageografica di Pop Art applicata al suo lavoro, parla di “
definizioni amministrative”. Ma c’è naturalmente e doverosamente anche il momento per sorridere, magari ascoltando l’aneddoto raccontato da Gianni Michelagnoli in merito ai compunti screzi con l’amministratore di condominio al Museo Napoleonico, un certo Mario Praz…
Ciò che resta è tuttavia, al di là delle esplicite intenzioni del regista, un sapore di già visto: il ritratto consueto dell’artista
maudit, spesso ripreso mentre dipinge ma con pochissime immagini delle sue opere. Certo, qui si tratta più che altro dello Schifano film-maker. Non può quindi che suggellare il tutto la video-dedica di Enrico Ghezzi. Qualcuno stenterà a crederlo: è chiaramente comprensibile dalla prima all’ultima parola.
Visualizza commenti
Non ho visto ancora il libro-dvd. Quanto alla citazione su Mario Praz riportata dal recensore, ricordo che questo famoso anglista che era il presidente della Fondazione Primoli ed abitava in un appartamento (l'odierno Museo Praz)nell'omonimo Palazzo dove ha sede il Museo Napoleonico, era costernato dalla vicinanza dello scrittore, il cui studio-abitazione era attiguo al suo, per la confusione che creavano gli amici poco educati dell'artista anche lui poco ortodosso. Un giorno Schifano, che conosceva la grandezza di Praz e le sue analisi degli ambienti e degli oggetti in relazione a chi li possiede, cheise a Praz se potesse mettergli la dedica ad un suo libro. Praz, con gentilezza, accettò, vergando con rapido tratto: "A Mario Schifano, vicino di casa, lontano di idee". Rimane traccia di questo episodio negli scrittidello storico dell'arte, già cineproduttore della Lux Film di Gualino, giornalista e biografo Valentino Brosio (Torino 1903-1999).Francesco D. Caridi
A Schifano le immagini televisive dalla 'Ora esatta' alle 'Fine delle Trasmissioni' hanno fornito occasione di una costante variazione sul tema.
Senza volersi arrendere a quel nuovo vedere che la televisione suggeriva e imponeva, Schifano ne riconquista le immagini fissandole in icone pittoriche.
La monografia appena uscita (Feltrinelli 2008) ritrae l'artista a tutto tondo e rievocandone il complesso percorso lo rimette in un articolato cammino.