Curare l’arte nasce dalla volontà di analizzare il tema del “fare curatoriale” per capire se a esso possa legarsi un metodo o una teoria. Ho avviato il mio lavoro di ricerca dai dialoghi intercorsi alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia tra il 2000 e il 2004, nell’ambito del ciclo di incontri
Invito al contemporaneo.
Grazie al confronto con alcuni curatori attivi sulla scena internazionale dell’arte contemporanea, quali Carlos Basualdo, Achille Bonito Oliva, Carolyn Christov- Bakargiev, Paolo Colombo, Emanuela De Cecco, Giacinto Di Pietrantonio, Federico Ferrari, Massimiliano Gioni, Hou Hanru e Surasi Kusolwong, Yuko Hasegawa, Rosa Martínez, Henry Meyric Hughes, Viktor Misiano, Gloria Moure, Federico Nicolao, Hans Ulrich Obrist, Francesca Pasini, Roberto Pinto, Anne Pontégnie e Xavier Douroux, Ludovico Pratesi, Harald Szeemann, Pier Luigi Tazzi, Angela Vettese, Lea Vergine e Adelina von Fürstenberg, ho tentato dunque di approfondire la tematica della curatela dell’arte.
L’unione dei saggi elaborati da ciascuno per l’occasione, delle interviste che ho realizzato io stessa e dei contributi ricavati dagli incontri veneziani ha prodotto un risultato unico nel suo genere, un volume che racchiude molteplici esperienze e svariati punti di vista espressi da ciascuno sulla professione svolta.
È fondamentale sottolineare come il frutto di questo lavoro non possa che restituire un’immagine del “curatore” e del suo operare, difficilmente incasellabili dentro schemi predefiniti, essendo piuttosto assimilabili a veri e propri stili di vita e profondamente influenzati dalla personalità dei singoli individui. Il confronto con curatori che vivono e sviluppano i loro progetti in diverse parti del mondo e che appartengono a generazioni diverse ha inoltre permesso di capire quanto in continua mutazione siano gli strumenti teorici e filosofici entro cui collocare questa professione.
Il libro stesso, elaborato nel corso di alcuni anni, sembra essere stato influenzato dagli intricati passaggi affrontati per realizzarlo e dalle pause che si sono alternate all’operosità, come se racchiudesse esso stesso la complessità dei soggetti che ne sono protagonisti, autrice compresa.
Il tema della cura dell’arte è un tema cruciale in questi ultimi anni che, secondo me, non è ancora stato sufficientemente analizzato o recepito nella sua vera essenza. D’altra parte, la figura del curatore è relativamente recente e le fasi della sua definizione ed evoluzione sono legate al modificarsi del concetto di esposizione o mostra d’arte a partire dalla fine degli anni ‘60 fino alla fine degli anni ‘90. Mi sembra che sia molto facile confonderla con altre figure limitrofe come il direttore di museo, l’architetto, il giornalista d’arte, il manager… Ma forse perché, in qualche modo, il lavoro del curatore racchiude in sé aspetti che appartengono a tutte queste professioni.
Credo che la ricerca dell’arte e i modi della sua “cura” siano itinerari difficili e inaspettati. Chi vi transita ha la consapevolezza che non siano mai definitivi, che non sia possibile giungere a una conclusione ultima. Siamo di nuovo in quel percorso lento e attento alle cose apparentemente secondarie; di nuovo il fare del curatore è situato in un punto di equilibrio tra la velocità intuitiva con cui deve far luce sulle cose e la lentezza dell’andar per dettagli. Ancora una volta siamo di fronte alle strade del rischio, del gioco, del tempo lungo e contemporaneamente breve. Si lavora su una materia viva e non su qualcosa di già codificato.
Nel libro
Curare l’arte ho scritto che penso la pratica curatoriale come forma di “esercizio”, come un lavoro che non si può fare “una volta per tutte” e nemmeno “per sempre”, ma che piuttosto è da ricominciare ogni volta “come se fosse la prima volta”. Ed è in questo “daccapo” che si comprende la responsabilità che il curatore deve assumersi o, come suggerisce Rovatti, “la tonalità etica” dell’esercizio (quindi della cura) dell’arte.
Penso che questo esercizio “curatoriale” proceda sul filo di un difficile equilibrio, dove non ci sono libri cui fare riferimento né metodi su cui imparare tecniche o strategie precise.
Visualizza commenti
Bell'intento....ma qualche nome fuori dalla lista del "politicamente corretto" non poteva essere preso in considerazione? Risposta : no, in quegli ambiti il do ut des è rigorosissimo
un'altra curatrice che parla di etica
ma c'è ancora qualcuno che legge sta gente?