Pierre Restany, geniale mentore del Nouveau Réalisme, critico militante, cosmopolita, è stato uno dei più acuti interpreti della cultura nella seconda metà del Novecento. Tra le pubblicazioni, questo libro dedicato all’opera di
Yves Klein, scritto nel 1986, colpisce per l’analisi, la profondità e la straordinaria attualità del linguaggio. È un testo che trascende la critica d’arte
tout court per addentrarsi nell’opera e nel pensiero di Yves Klein con uno stile del tutto particolare, analizzando le opere e soffermandosi in particolare su quelle prodotte con il fuoco, dove esso è elemento di trasformazione, principio alchemico e archetipo e dove si attua quello che Restany definisce “
il felice matrimonio tra etica ed estetica”.
Certamente non è un libro di semplice lettura: le stratificazioni culturali e i riferimenti sono molti e ricercati. Ma c’è un sapore diverso rispetto alle monografie alle quali siamo abituati: da ogni riga emerge quella particolare e forse unica esperienza che è il rapporto osmotico tra artista e critico, q
uel principio di identificazione, di comunione e di intenso scambio che ha portato Pierre Restany a dichiarare in più occasioni: “
L’incontro con Yves Klein mi ha cambiato la vita”.
Per quanto riguarda il mio lavoro, sottolineo che non sono una traduttrice: la mia formazione è storico-artistica e sono neofita in questa esperienza. Conosco Pierre Restany nel 2000, presso la redazione della rivista “D’Ars”. Tre anni trascorsi velocemente, fatti di riunioni di redazione e biennali da visitare con la sua guida: una straordinaria esperienza. Nel marzo 2003, la riunione si tiene a Parigi, a causa della salute già precaria di Restany, che gli impediva di viaggiare. In quell’occasione gli racconto di essere stata molto colpita dalla frase di Yves Klein: “
Un mondo nuovo ha bisogno di un uomo nuovo”. Restany mi risponde con una domanda: “
Te la senti di scrivere qualcosa su Yves Klein?”.
Accetto, e, pensando di scrivere un articolo, decido di approfondire le mie conoscenze sull’argomento. Dopo due mesi, nel maggio 2003, Restany abbandona la sua dimensione terrena, lasciando un vuoto fertile di insegnamenti impartiti. Nel frattempo, l’intenzione di scrivere un articolo su Yves Klein si evolve nella volontà di tradurre
Le feu au coeur du vide.
Per meglio entrare nelle maglie dell’opera mi sono avvicinata ai testi di riferimento del libro, tra cui Bachelard e la sua
Psicanalisi del fuoco, la storia e le origini dei Rosacroce, gli scritti di Fulcanelli, le letture junghiane dell’alchimia.
In effetti, tali riferimenti culturali sono importantissimi per comprendere l’analisi condotta da Restany sulle opere e sulla riflessione estetica di Yves Klein, che attinge in modo talvolta spregiudicato ai testi di chi elegge come maestro.
Non trascurabile è anche la devozione di Klein al culto di Santa Rita da Cascia, un terreno delicato da affrontare sul piano critico: Pierre Restany, dalla sua cultura a trecentosessanta gradi, certamente improntata su un registro laico, filtra e interpreta certi accessi mistici dell’amico giustificandoli e rendendoli funzionali e necessari all’interno di una cosmogonia che egli aveva intimamente compreso.
Poche righe ispirate bastano a confermarlo: “
Che lusso creatore, che temibile privilegio di cui gode l’artista al quale è dato di vivere un tale momento. Io non sono lontano dal credere che i prdotti di questi felici matrimoni tra l’etica e l’estetica siano avvenimenti così rari che lo storico esita a nominarli, il critico a giudicarli: la ragione si unisce all’intuizione, in un ordine che sembra sfuggire alla vita e alla morte, all’avvenire e al passato. Apoteosi di una tecnica, sintesi di un’idea, piena incarnazione di un mito, il linguaggio del fuoco si situa in Yves all’incontro di queste tre coordinate assiali. Tale è il segreto della sua incomparabile qualità, vera al di là della verità, bella al di là della bellezza”.