Si
comincia con un premio effettivamente non notissimo, quello sponsorizzato dalla
Banca Profilo, che nel 2008 ha selezionato il giovane pittore fermino
Piero
1/2botta. Sì, perché s’inizia con
l’arte e i suoi derivati, per così dire. E il secondo nome che s’incontra è
ovviamente ancora italiano, ma come vincitore di un premio ceco.
Vanessa
Alessi si è infatti aggiudicata il
praghese Dean’s Award grazia a
Monsters of Grace, lavoro teatral-scultoreo che si avvale della
collaborazione, dal punto di vista musicale, addirittura di
Philip Glass.
Scorrono
così le pagine di questo annuario che riserva parecchie sorprese e che potrebbe
essere un ottimo strumento per
talent hunter un po’ svogliati. E magari per invogliare qualcuno
di queste giovani e meno giovani “promesse” nostrane a tornare nel nostro
paese. Poiché molti di essi lavorano all’estero, e spesso hanno tutte le
ragioni ad aver fatto una scelta del genere.
Tornando
alle pagine di
Young Blood, si
passa per
Paola Anzichè,
Valentina
Roselli e
Massimo Spada (premio Passaporto),
Francesco Arena,
Andrea Chiesi e
Hôtel de la Lune (premio Terna),
Filippo Berta (premio della Performance istituito dalla Galleria
Civica di Trento),
Rossella Biscotti e
Luca Trevisani (per
gli Emerging Talents destinati a una residenza a Berlino). E si prosegue per un
centinaio di pagine, arrivando fino al premio Aletti che viene consegnato ad
ArtVerona e che nel 2008 ha visto emergere
Devis Venturelli.
Ma
ovviamente
Young Blood non è
solo arte. Il turbinio di nomi si fa allora ancor più caotico, sfogliando le
sezioni dedicate all’architettura, al design, alla moda, all’advertising, alla
fotografia, alla grafica, all’illustrazione, al fumetto, al cinema e al video.
Spesso
la reazione che provoca un libro del genere è di stizza. Che possibilità, per
esempio, s’è avuta di vedere
Giganti, il corto di
Fabio Mollo che ha vinto il Nastro d’Argento alla Berlinale? E che dire di
Emiliano
Ponzi, illustratore selezionato
dalla Society of Illustrators di New York? Pubblica su testate come il
New
York Times e
Le Monde, ma non si può certo dire che i suoi compatrioti
lo valorizzino come dovrebbero.
Che
fare dunque? Paradossalmente, forse sarebbe meglio ridurre il numero dei premi
istituiti nel nostro paese – che sono innumerevoli, così come gli aeroporti, le
università, le fiere d’arte ecc. – e iniziare a fare realmente sistema,
razionalizzando gli investimenti e magari facendo rientrare qualcuno di questi
talenti. Con incentivi tutti da inventare. Per esempio, finanziando qualche
cattedra nelle accademie. Ed è una soltanto di mille idee che potrebbero esser
elaborate.