Non più dovendo imitare la realtà, né fermarla
in un’istantanea, né provvedere a una sua “correzione” psicologica, l’arte contemporanea
può permettersi di conseguire un risultato attraverso la semplice
decontestualizzazione di un fenomeno naturale nella sua banalità e fatalità. Narrativizzando lo
spazio, come fa il cinema, ne registra i mutamenti, le dissolvenze e le
somiglianze, oppure lo rende “memorabile”, con interventi sulla natura e nella natura (è il caso di Richard
Long,
di Gerry Schum e della cosiddetta Land Art), consegnati esclusivamente alla
ripresa fotografica o cinematografica.
Nella rappresentazione del paesaggio naturale l’intenzione
artistica assume frequentemente connotati etici: la raffigurazione del patrimonio
ambientale indebolito e minacciato si affianca alle scienze ecologiche; in
questo caso il rischio, che l’autrice non dimentica, è che la diffusa tendenza
documentaria affronti il problema con approssimazioni semplicistiche e
insincere inclinazioni ambientaliste, portando in definitiva una critica
inoffensiva alle aporie e alle storture della contemporaneità.
Generalmente l’atto poietico accetta il
paesaggio allo stato di segno, icona o documento, caricandolo di un senso
ulteriore e rendendolo disponibile a manipolazioni digitali in grado di
generare una sospensione “tra la suggestione e il disorientamento”. L’attenzione
all’identità dei luoghi, alla loro materialità e al loro potere fascinatorio
appartiene ad artisti del video come Bill Viola, Robert Cahen o Pipilotti Rist, i cui lavori, non di
rado percorsi da una sensibilità pittorica, citano, rievocano o si confrontano
con la vedutistica tradizionale.
Del resto, l’arte elettronica, come accaduto a
ogni disciplina nella sua fase pionieristica, ha spesso frequentato e ridetto
con i propri mezzi i temi ereditati dalle discipline che l’hanno preceduta. La
videoarte si mostra peraltro particolarmente interessata al paesaggio urbano,
in cui è ancora forte una propensione “panoramica”, nella ricerca di una
fruizione “immersiva e virtuale” (come in Jeffrey Shaw o Luc Courchesne).
In alcune realizzazioni poi la città che pulsa,
brulicante e ansiogena, fa da sfondo al cosiddetto paesaggio sonoro, dando
forma alla volatilità delle impressioni acustiche; o a quello che può definirsi
paesaggio mentale, ricostruendo luoghi dell’immaginazione attraverso la fotografia
e il mezzo digitale come deposito/archivio di sensazioni condivise.
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carlo titomanlio
la rubrica libri è diretta da marco
enrico giacomelli
Silvia Bordini – Appunti sul paesaggio
nell’arte mediale
Postmedia, Milano 2010
Pagg. 60, € 12,60
ISBN 9788874900497
Info:
la scheda dell’editore
[exibart]
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