Un
libro, questo di Gianni Paulis, dotato d’un titolo che siamo certi ha ingannato
la gran parte dei suoi acquirenti. Perché difficilmente si può immaginare che,
in poco più di 150 pagine, si riescano a trattare – e con una certa cognizione
di causa – i tanti e vari aspetti che rispondono all’aspettativa di un titolo
del genere. Perché si spazia dal rapporto fra arte e tecnologia alla cosiddetta
Fractal Art, dai siti dei musei alle questioni giuridiche legate alla
diffusione in rete d’immagini derivanti da opere d’arte.
Ha
ben sintetizzato questa ricchezza di spunti il prefatore del volume, il
conservatore del Palazzo Chigi di Ariccia, Francesco Petrucci: si tratta d’un
libro che indaga “
la comunicazione e la fruizione dei beni cultural
attraverso il web”. Allo stesso
modo, l’autore nella sua
Introduzione ha chiarito sin da subito che questa “nuova museologia” non
costituisce un’alternativa a quella “tradizionale”, che museo reale e museo
virtuale non si autoescludono, bensì possono essere fonte di reciproco arricchimento,
qualora ognuno di essi sia ben consapevole dei propri limiti e delle proprie
peculiarità.
Un
limite l’ha dunque anche il libro, e in particolare risiede nel sorvolare –
seppur con indubbia capacità di sintesi, e ricchezza quantitativa e qualitativa
di interlocutori – innumerevoli posizioni assunte sui temi affrontati, mancando
però spesso, in specie nella prima parte del volume, quella più teorica, un
punto di vista personale, originale, inedito. Insomma, si ha sovente l’impressione
di leggere una
collezione di
pareri autorevoli (da Brandi a Capucci, per citare un paio di nomi), senz’altro
utile per ricapitolare gli stessi, ma disorientanti per chi è a digiuno delle
questioni esaminate, e al contempo inutile per chi ne mastica quotidianamente.
Detto
questo, va da sé che la scelta stessa degli autori con cui dialogare restringe
e delinea il contesto di riflessione, connotandolo in maniera più o meno
specifica e chiara (per tornare agli esempi, chiamare spesso in causa Derrick
De Kerckhove o Mario Costa significa ovviamente propendere per una visione “tecnologica”
del nodo problematico).
L’autentica
ricchezza del libro sta invece nell’analisi circostanziata della presenza sul
web dei musei “fisici” e delle potenzialità dei “musei virtuali puri”, e nella
precisione d’individuazione di pregi e difetti di molti siti italiani e
stranieri. E se il Macro di Roma si è meritato il ruolo di “case history”,
spiace che altre realtà italiane non vengano citate. Ancora due esempi: per
quanto riguarda le gallerie impegnate sul fronte della New Media Art, perché
non affiancare alla Bitforms Gallery di New York e Seoul l’attivissima galleria
bresciana di Fabio Paris?
Quanto ai repertori di musei e gallerie su internet,
con tutto il portato d’informazioni relative alle mostre temporanee allestite
in quegli spazi – modestia a parte – pare sorprendente che si dimentichi
Exibart.com (nelle sue versioni per web e mobile), che non ha rivali da questo
punto di vista con alcuno dei siti menzionati dall’autore per completezza e
continuità e aggiornamento delle informazioni.
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Chiudiamola così la polemica: visto che c'è uno che di queste cose se ne intende sul serio, Paolo Granata, se vi interessa la videoarte o i siti web dedicati all'arte leggetevi questi
>R. Barilli, A. Borgogelli, P. Granata, S. Grandi, F. Naldi
>VIDEOART YEARBOOK
>L’annuario della videoarte italiana >2006-2007-2008
Fausto Lupetti Editore
Anno: 2009
Pagine: 160
Formato: 20 x 20
Prezzo: 18 euro
ISBN: 978-8895962-12-2
>Paolo Granata
>ARTE IN RETE
>La guida dell’arte su Internet
Lupetti Editori di comunicazione
Anno: 2001
Pagine: 283
Formato: 14 x 20
Prezzo: 15 euro
ISBN: 88-8391-030-3
(ed è una guida RAGIONATA, senza la scusa che non si può mettere tutto!)
ma per cortesia! purtroppo libri italiani di qualità sull'argomento non ce ne sono. Arte e Web di Granata è inutile e purtroppo anche vecchio.
ma poi che senso ha parlare di "Arte e Web"? è un argomento troppo generico che poteva avere senso 10 anni fa. oggi bisogna essere più precisi: o parliamo di arte fatta per il web (net art) e in generale dell'influenza che la internet culture ha sugli artisti contemporanei, oppure parliamo di siti web che si occupano d'arte (e allora parliamo di editoria, oppure di comunicazione, o ancora, di community). oppure, ancora, possiamo parlare di web e patrimonio storico artistico, o di web e didattica dell'arte... etc etc etc
dire "arte e web" non significa una mazza
Mara, intanto il libro di non è "Arte e Web" ma "Arte in Rete", il che fa una differenza abissale (e una persona davvero competente 'ste confusioni non le fa). Se voi dell'art world prima di parlare di queste cose non imparate a documentarvi seriamente prenderete in eterno 'sti svarioni causando dei danni al settore inenarrabili. E poi non è "vecchio", sono report realizzati durante gli anni ma sostenuti da una visione critica e non cronachistica, non puoi farlo passare per una specie di "Libro dei fatti", anche la metodologia conta e la storia - e la comprensione - del Web nei suoi vari settori si costruisce anche così. Io ho comprato recentemente un libro di Carlini del '98 e lo trovo ancora illuminante.
Parlare di "Arte e Web" avrebbe senso nel momento in cui si assume una visione diacronica del Web (non so se qui qualcuno ha studiato Saussure... va be'), e si analizza il portato in relazione alla dimensione dell'arte. Che poi bisogna vedere se in un contesto simile alle istituzioni siano da affiancare sia Net Art che Web Art (due cose diverse, a ennesima dimostrazione che Web e Rete non sono la stessa cosa). Sì perché Mara fa un'altra brutta confusione, quella fra digitale e telematico. Il primo riguarda la trasformazione in numero delle informazioni, il secondo la possibilità di trasferire queste ultime tra uno strumento informatico e l'altro. Ora, Web e Net Art, a differenza di un'istituzione d'arte che si mette on-line, non ha l'obbligo di rispettare le regole del Web o della Rete: il suo principio fondante è e resta quello della digitalizzazione, poi che si proponga sul Web o sulla Rete per, diciamo così, "ampliare il suo orizzonte" è un elemento circostanziale (voglio dire, cosa frega a un Web-artista di come si crea e si mantiene una community?). Ora questa è una mia idea, ovviamente, e come tale assolutamente opinabile: ma se ha senso discutere di arte e Web è a questi livelli. Le istituzioni sul Web invece dovrebbero per il loro stesso bene rispettare le regole dello stesso, come avverte Antinucci quando fa notare che il sito - pur fatto benissimo - di un museo non lo guarda nessuno perché riproduce esattamente le caratteristiche del museo reale; e questo sul Web è male, molto male. In ogni caso, il commento ad un articolo non è certo il posto migliore per parlare di queste cose, mi auguro solo che la querelle abbia aperto uno squarcio su come in realtà la faccenda "Arte e nuove tecnologie" sia molto più complessa di quello che sembra, e non se ne possa parlare seriamente sulla base di una percezione "tolemaica".
Salve a tutti,
non so se questo dibattito sia già stato chiuso o meno, ma desidero intervenire come lettrice del libro, specie offrendo la mia opinione circa i punti trovati controversi.
È stato detto che il manuale ha tratto in inganno e deluso alcuni specie per il modo in cui si presentava.
Mi viene da osservare che i manuali, come i romanzi e altri generi letterari, sono lunghi, medi oppure corti. Se un lettore, che abbia almeno un po' di dimestichezza coi libri e il loro acquisto, valuta il potenziale acquisto di un manuale di un centinaio di pagine, deve aspettarsi non di essere ipererudito ma solo introdotto in una certa materia. Appunto perché si tratta di un saggio e non di un manuale biblico.
E aggiungerei che non ci si dovrebbe fidare solo di titoli e sottotitoli ma, grazie alla dimestichezza, sarebbe preferibile analizzare anche i titoli dei capitoli, oltre che consultare l’indice in modo tale da farsi un’idea più precisa di ciò che viene proposto.
È stato detto che la sitografia è inutile.
Non è questo il punto, ma la regola secondo la quale: se si citano delle opere in un testo, vanno elencate in bibliografia; se si citano dei siti, vanno elencati in sitografia.
Circa la questione del MACRO, è stato invece detto che c’erano esempi più importanti. Immagino che citare uno di questi esempi più importanti del MACRO avrebbe scontentato comunque gli esclusi (altrettanto più importanti del MACRO) da questa rosa di eletti.
Infine, è stato detto che solo una ventina di pagine esprimono il pensiero dell’autore (rapportate a un centinaio di cui il manuale è composto) e che dunque lasciano spazio a 80 pagine ricapitolative.
A mio avviso, dato che si è apprezzata la seconda parte che tratta i musei reali e virtuali e che inizia da pag. 50 circa, significa che ben metà del libro è opera dell’autore e, aggiungendo la ventina di pagine iniziali risulta una settantina di pagine sue, che dunque non tornano con l’ottantina ricapitolativa giudicata non sua.
L’autore ha chiesto scusa per non avere citato Exibart, ma altri siti minori: si ha però l’impressione, al di là dell’oggettivo valore e importanza di Exibart che, se ciò fosse stato fatto, forse (dico forse) molte di questi “accuse” avrebbero avuto un altrettanto tono minore. Non dico che sarebbero state nulle, ma appunto sarebbero state diciamo più morbide. Ma anche questa è un’opinione personale.
Vi ringrazio per l’attenzione e saluto cordialmente.
“Quanto ai repertori di musei e gallerie su internet, con tutto il portato d’informazioni relative alle mostre temporanee allestite in quegli spazi - modestia a parte - pare sorprendente che si dimentichi Exibart.com”. Ritengo che queste poco eleganti righe siano il motore della critica a un libro buono, che sicuramente ha i suoi difetti (quale non ne ha?), ma che di certo non può avere ingannato alcun lettore. Il titolo non rimanda a particolari aspetti fra Arte e Web e, come qualcuno ha già detto, prima di comprare un volume è decisamente necessario sfogliarlo un po’, leggerne l’indice, ecc… A chi giudica ammettendo di non averlo letto dico semplicemente di leggerlo. Ovvio, no? Se spulci un libro su uno scaffale puoi solo decidere se ti interessa leggerlo, quale che sia la tua esperienza, non farne una critica. Se questo è il livello dei recensori di Exibart…
Quando ho cominciato a leggere il libro, che ho ritenuto molto interessante, non ho certo creduto di trovarmi davanti a un trattato. Basta guardarne le dimensioni per capirlo. Però ho trovato un modo un po’ diverso dal solito di descrivere i rapporti fra arte e web e la loro evoluzione, in grado di incuriosire e indirizzare chi, come me, è particolarmente avvezzo a internet ma non altrettanto all’arte.
Io non mi occupo di arte, ma di comunicazione e web da oltre 10 anni, e posso dire che libri come questo avvicinano la gente alla materia. Ce ne fossero!
È con piacere che assisto ad un dibattito e ad una serie di pareri che anche se talvolta al limite dell’irriverenza, tutto sommato testimoniano l’interesse verso l’argomento trattato dal mio saggio. Vorrei tuttavia precisare che ARTE E WEB non è un testo dedicato alla video-arte e tanto meno una guida artistica per l’Internet, i contenuti del libro sono per fortuna un po’ più “densi” e già chiari alla semplice lettura dell’Indice, ma questo forse è sfuggito ad una lettura molto, ma molto veloce. Comunque, polemiche a parte ho potuto rendermi conto che la parte che interessa di più è la seconda parte del libro, quella dedicata alla descrizione e alla collocazione delle varie gallerie virtuali appartenenti sia a reali istituzioni espositive sia a quelle collezioni virtuali che esistono solo nel Cyberspazio. Questa seconda parte è più ricca di richiami intertestuali che portano direttamente al sito interessato di cui si sta argomentando. Tale ricchezza di link anche se costituisce la ragione dell’interesse di molti, rende in verità la copia cartacea del libro un po’ troppo statica, costringendo infatti il lettore ad appuntarsi il link prima di utilizzarli con il PC connesso all’Internet, ed è per questo che in questi ultime settimane mi sono dato da fare per superare il problema tecnico, e dopo qualche insistente invito alla casa editrice, sono riuscito a far pubblicare la copia digitale del libro Arte e Web. L’e-book Arte e Web è attualmente scaricabile direttamente dal sito di Caravaggio Editore e ad un costo sensibilmente inferiore a quello della sua copia cartacea. Spero che con questa operazione si possa finalmente apprezzare in pieno la funzionalità dei richiami intertestuali di Arte e Web che, del resto, originano dal DNA concettuale del libro stesso.
Gianni Paulis
Ribadisco che un libro che tratta di Web non può chiedere al lettore un approccio ottocentesco (non si può giudicare il libro da una lettura molto veloce ecc.), perché questo significa che la natura stessa del Web non è stata capita o, che è peggio, non è stata rispettata: praticamente il modo peggiore per trattare l'argomento
Non c'è bisogno neanche di leggere il libro per capire che non tratta di web. Caspita, il titolo è Arte e Web. E' diverso...
A parte il fatto che un libro è per definizione qualcosa di pre-ottocentesco... un lettore che non legge l'indice è un lettore incauto, non moderno! Mica vorremo far passare la superficialità per valore moderno adesso...
La natura del web non è consumare tutto molto in fretta e giudicare senza informarsi correttamente. E lo dico da giornalista che si occupa di web-news tutti i santi giorni. Passo 10 ore al dì davanti a internet e, se mi va bene, due ore a settimana davanti a un libro. Eppure, guarda un po', quando prendo libri che riguardano il web leggo ancora l'indice, lo sfoglio, lo leggo qua e là... Non ho ancora trovato un sistema migliore per capire se mi può inreressare o meno e non ho mai trovato un testo che non mi costringesse a questa primordiale pratica. Roba da cavernicoli, lo so, ma se hai un sistema migliore, ti prego, illuminami.
Dal canto mio, penso che avere realizzato anche la copia digitale del libro dimostri come l'autore intenda superare l'eventuale "approccio ottocentesco" e credo anche che non stia scritto da nessuna parte che, se di web si vuole parlare, in un libro di questo non si possa scrivere. Questa la vedo più come una preferenza soggettiva, perché non c'è alcuna regola scritta, almenno fino a prova contraria.
Lo dimostra anche l'esperienza di un professionista come Fabio che non trova così ripugnante l'idea di utilizzare il buon vecchio libro e che, tra l'altro, pare sappia analizzarlo quando è un procinto di acquistarne uno.
Infine, non tutte le persone appassionate di web sono già espertissime da subito, quindi la forma cartacea può essere ben apprezzata da chi per esempio è alle prime armi. O meglio: può essere un modo per invogliare chi non ama utilizzare strumenti web ma, volendosi aggiornare e stare al passo col mondo, decide che è giunto il momento di informarsi. Se però questa persona non avesse più libri a disposizione per farlo, ma solo strumenti che non riterrebbe idonei per se stessa, lascerebbe svogliatamente perdere.
Cordiali saluti,
Tiziana