La forma è quella canonica degli atti di un convegno: abbondanza di pagine, copiosità di autori, assoluto rigore scientifico a scapito di una semplicità espositiva a fini divulgativi. Le trentotto relazioni contenute, relative al Convegno internazionale di studi sugli archivi futuristi tenutosi al Mart di Rovereto il 13-15 marzo 2003, sono un’imprescindibile banca dati per chiunque voglia approfondire uno dei più importanti movimenti artistici italiani a partire dai suoi documenti. Materiale in gran parte inedito dal quale, prima o poi, scaturiranno mostre, pubblicazioni, fortune critiche, riscoperte e ridimensionamenti. E’ l’altra faccia della storia dell’arte, che non è bell’e pronta ma che al contrario chiede di essere studiata, svelata, approfondita con occhio critico. Un patrimonio che se ha l’Italia come luogo privilegiato di produzione, nei decenni è stato malamente disperso e che ora si trova frammentato in ogni angolo del mondo, come testimonia l’importante archivio di F. T. Marinetti conservato in parte al Getty Research Institute di Los Angeles e soprattutto alla Yale University Library.
La pubblicazione –e il convegno che n’è stato all’origine- tessono le fila di questo discorso interrotto, di questa diaspora di documenti, offrendoci una mappatura aggiornata degli archivi futuristi italiani e non solo appartenenti ad istituti privati e pubblici, fondazioni, collezionisti ed eredi degli artisti. I nomi che toccano questi documenti sono sia di primissimo piano –è il caso del già ricordato archivio di F. T. Marinetti- sia quelli delle numerose personalità-satellite che in qualche modo sono legate al movimento futurista, tutte comunque essenziali per un’approfondita analisi del fenomeno. Assai interessante è anche il poter confrontare, archivio per archivio, le differenti modalità gestionali, dalla raccolta del materiale al suo ordinamento, dall’inventariazione alle più o meno aperte modalità di fruizione da parte degli studiosi.
Tre le sezioni in cui si divide il libro: la prima ha al centro lo stretto rapporto tra archivi e collezioni d’arte, spesso imprescindibile come nel caso dello stesso Mart, possessore, tra i tanti, degli archivi di Severini, Carrà, Censi, Thayat, Depero e Crali; la seconda tratta, per casi, le modalità d’acquisizione e gestione degli archivi; la terza, infine, dilata la tradizionale percezione ‘cartacea’ dell’archivio, coniugandola con le moderne possibilità offerte dall’informatica, in primis Internet.
Le relazioni si alternano sul pendolo dell’utilità e della piacevolezza. Alcune, in modo forse un po’ troppo scontato, fissano semplicemente un punto della situazione, elencando il posseduto, le modalità d’acquisizione e la biografia del raccoglitore. Altre –indubbiamente più interessanti- fanno emergere, al di là di elencazioni e cifre, l’importanza storica e critica della documentazione archivistica. E’ questo il caso dell’archivio di Gianni Mattioli, dalle cui carte emerge -con gustosità quasi narrativa- il punto di passaggio in cui il futurismo, da movimento artistico ritenuto secondario, iniziò ad essere considerato come uno dei più importanti momenti della storia dell’arte.
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