Dopo Body Art, l’arte come linguaggio (1974-2000), di Lea Vergine viene riedito anche questo L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940 (1980/81-2005). In realtà poco cambia rispetto all’originale catalogo della mostra che transitò a Milano, Roma e Stoccolma, e che presentava il lavoro di oltre cento artiste. L’impianto è sostanzialmente il medesimo, sono state aggiornate le schede biografiche, inserite una postfazione dell’autrice e -con una buona scelta editoriale- il racconto della genesi della mostra “L’arte ritrovata”. Suddiviso in undici sezioni, una per ogni gruppo o movimento, il testo è fondamentale per la scelta che ne è alla base. Cioè per la ricostruzione capillare e archeologica della partecipazione delle donne ai gruppi, ponendosi tuttavia aldilà di una logica di femminismo militante e operando una selezione rigorosamente legata alla qualità e alla rilevanza storico-artistica.
Quanto all’atmosfera del libro, è bene espressa dalle parole di Winifred Nicholson: “Sono stati anni di ispirazione – frizzanti come una bottiglia di seltz”. La prima faccia del testo consiste dunque nella materializzazione dello spirito del tempo: il glorioso periodo delle avanguardie. La seconda è invece condensata nell’interrogativo dell’autrice –“Bisognerà ancora tacere il fatto che sottili come una garza furono i diaframmi che separarono i loro atelier dalla tragedia?”-, che sa suggerire il senso di rammarico e lo struggimento nel constatare l’entità del naufragio. Un naufragio che, a 25 anni dal clamore suscitato dalla mostra, il mondo dell’arte ha solo parzialmente saputo risarcire. È certamente questa la stranezza di un “classico” che non si è trascinato dietro quella messe di studi, ricerche ed esposizioni in cui almeno si poteva sperare. Allora vanno fatti alcuni nomi di artiste c
La paradossale attualità del libro è dunque ancora quella di poter essere considerato -oltre che un indispensabile riferimento sull’arte al femminile- un apripista per ulteriori studi e approfondimenti. Un altro motivo di interesse, e di non secondaria importanza, consiste nel poter verificare, alla luce di ciò che è successo nell’ultimo quarto di secolo e di quello che hanno fatto le donne, la portata intuitiva e sovversiva delle avanguardie. In questo senso, la specificità degli interessi femminili, le energie dedicate a teatro, danza, fotografia, cinema, grafica e arti decorative, manifesta una spiccata sensibilità nei confronti dell’interazione fra le arti e della commistione dei linguaggi. Una sensibilità che si può definire profetica.
Che nel discorso storico-artistico le donne siano state marginalizzate è senz’altro vero. Eppure, viene da domandarsi se la loro libertà, tragica e paradossalmente legata all’emarginazione, non le abbia favorite nell’aprire strade alla contemporaneità.
articoli correlati
Lea Vergine presenta la sua ultima pubblicazione. All’auditorium Tiscali di Cagliari
Il Bello e le Bestie al Mart
Body art e storie simili. Il corpo come linguaggio
tiziana landra
Il Qatar ha donato 50 milioni di euro a Venezia, per supportare la salvaguardia del patrimonio culturale della città: lo…
Un piano dedicato alle mostre e alle preview, un altro destinato alla vendita di collectibles di ogni genere, dai dipinti…
Con l’apertura dei Giochi Olimpici si è inaugurata ufficialmente anche la sede in cui l’Italia espone le proprie eccellenze creative:…
Alla Bourse de Commerce Pinault Collection di Parigi, una mostra dedicata all’Arte Povera: dai maestri storici del movimento fino agli…
Promosso dalla Fondazione Lazzaretto di Milano, il Premio Lydia 2024 è stato vinto da Giulia Deval, per la sua ricerca…
Partendo dalla tradizione della tessitura, il festival Caloma rilegge il territorio di Casamassella e del Salento attraverso i linguaggi della…
Visualizza commenti
l'ho proprio preso la settimana scorsa, stupendo, bellissima la parte intitolata L'Arte ritrovata, pag 371
d.o)