Un libro elegante, che sfugge a una definizione precisa. Non è propriamente un libro di storia dell’arte: non si descrivono opere, non si affrontano questioni di stile o di tecnica artistica; ci sono i nomi di molti artisti, ma la loro attività è volutamente lasciata sullo sfondo, mai affrontata direttamente. Un testo originale, che si pone un obiettivo preciso: raccontare l’invenzione dell’Arte con la A maiuscola, la trasformazione del pittore da artigiano a
pictor doctus, del quadro in opera d’arte. Un saggio che si colloca ai limiti fra arte, sociologia e storia del costume. La lunga riflessione di Pommier si svolge in un contesto storico ben determinato: l’Italia tra i secoli XIV e XVI: “
La storia dell’arte e del corteo che la circonda sono un’invenzione italiana”.
Il libro si apre con la celebrazione di un’opera d’arte, la
Madonna Rucellai -nel racconto vasariano del corteo festoso che accompagna la tavola fresca di vernice in Santa Maria Novella- e si chiude con gli onori tributati a un artista,
Michelangelo, al quale Firenze dedica una cerimonia funebre degna di un sovrano. In questo passaggio sottile, dal trionfo di un’opera al trionfo di un artista, sta tutto il libro di Pommier. Non si tratta semplicemente del salto di qualità della pittura, da arte meccanica ad arte liberale, che avviene con il riconoscimento dell’impegno intellettuale del pittore, non più considerato solo un abile artigiano.
L’indagine di Pommier è molto più ampia e complessa e affronta argomenti diversi. Il che, al tempo stesso, è il pregio e il limite di questo saggio, che offre molti spunti di riflessione ma risulta un po’ difficile tirarne le fila.
Tutto ha inizio con le prime riflessioni letterarie -prima le intuizioni di Dante, poi Boccaccio e gli umanisti- sui pittori e il loro ruolo nella società. Come nella ricostruzione di un puzzle complicato, Pommier si dedica alla ricerca dei fenomeni nei quali si manifesta l’affermazione dell’Arte e l’invenzione del mito dell’artista, e ne individua tanti e diversi tra loro. Gli artisti acquistano progressivamente coscienza del fatto che “
hanno ormai diritto alla storia” e cominciano a inserire il proprio ritratto nelle loro opere; un passo avanti “
nell’evoluzione dello stato sociale dell’artista è compiuto quando è la comunità a commissionare il ritratto di un artista” con l’intenzione di consacrarne la fama. Si pubblicano i primi testi sull’arte, tecnici come quello di
Cennino Cennini, teorici e raffinatissimi quelli di
Leon Battista Alberti; gli artisti vengono inseriti nell’elenco degli uomini illustri e insieme a letterati e uomini politici contribuiscono a formare l’identità di una città. Nasce il culto delle opere d’arte, “
le opere romane di Raffaello e Michelangelo diventano elementi irrinunciabili nel percorso di formazione dei giovani pittori”; vengono istituite le Accademie e si comincia a pensare alla creazione di un “
rapporto giuridico tra la società e le opere d’arte ereditate dall’antichità”, ovvero comincia a farsi strada l’idea che esista un patrimonio artistico da difendere.
Questi sono solo alcuni degli argomenti che Pommier tratta in modo diffuso e molto informato, che si intrecciano a dare sostanza alla sua tesi. Nel raccontare l’invenzione di quella immateriale aura di sacralità che dal Rinascimento circonda opere e artisti, Pommier dà vita alla suggestiva ricostruzione di un’epoca.