È facile vedere in libreria libri dedicati alla Street Art.
Si tratta però, solitamente, di volumi perlopiù fotografici, in cui le immagini
dei graffiti occupano gran parte delle pagine, accompagnate da poche e
laconiche didascalie e semplici profili biografici. Più difficile, d’altro
canto, trovare edizioni che provino ad analizzare il fenomeno con rigore
critico. A maggior ragione quando l’oggetto dello studio coincide con i suoi
sviluppi più recenti.
Il cosiddetto Postgraffitismo è al centro dell’interesse
di questo breve ma denso volume a firma di Claudia Galal, giovane studiosa con
interessi che vanno dall’arte visiva all’ambito musicale. Il tentativo è quindi
quello di offrire al lettore una guida che permetta di contestualizzare e
comprendere le ragioni della nascita e degli sviluppi di un fenomeno che,
soprattutto in questi ultimi anni, ha richiamato una significativa attenzione
anche nel grande pubblico italiano.
La prima sezione del libro è dedicata all’attenta
spiegazione delle istanze sociali e culturali che stanno alla base della Street
Art. Lo sguardo, qui, è panoramico, e da un lato mette a fuoco le motivazioni
teoriche del Postgraffitismo, le influenze all’interno del perimetro artistico
e poi nel campo delle subculture urbane della seconda metà del Novecento; dall’altro
ripercorre la tappa obbligata verso i padri delle generazioni precedenti,
rappresentati dalle icone
Keith Haring e
Jean-Michel Basquiat.
Ne risulta un quadro piuttosto
chiaro – pur se un poco, per forza di cose, limitato – della linea tracciata
dall’attuale Street Art: la contrapposizione al potere mediatico delle
pubblicità commerciali negli spazi urbani, che fa del Postgraffitismo una sorta
di propaggine artistica del multiforme movimento no-global.
Nella seconda parte del volume si passa direttamente alla
descrizione di specifici esempi. Ben delineata è la trattazione, per dirne una,
del murale di
Blu in Via Avesella, a Bologna. Limitata dal proposito di voler semplicemente
fornire qualche assaggio (l’altro italiano su cui Galal sceglie di soffermarsi
è
TvBoy), la
rappresentanza dell’attuale scena del nostro Paese, infatti, non può che essere
simbolizzata dal suo interprete con tutta probabilità più trasversalmente
popolare.
Per nulla scontati, invece, gli artisti internazionali a
cui è concesso spazio. Le scelte dell’americano (ma attivo a Parigi)
Above e del francese (che risiede a
Madrid)
eltono sono apprezzabili per il tentativo di uscire dal cliché-
Banksy (quest’ultimo, comunque, è sempre
ben presente, seppure un po’ sottotraccia, a partire dalla citazione iniziale
fino alle numerose immagini di alcune sue opere).
Utile, fra le altre cose, la webgrafia finale, che
consente l’orientamento nel
mare magnum internettiano, e la conseguente fruizione
immediata delle opere di Street Art sparse nelle metropoli mondiali.
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Un libro fatto apposta per vendere opere ripetitive fatte in serie in una tv commerciale ormai in triste declino. Non so se è più triste il libro, la tv o la recensione.