A cosa serve, oggi, l’estetica? La domanda è mal posta, perché l’utilità non è, né è mai stata, il metro di giudizio sulla base del quale determinare il ruolo, fondamentale, che l’estetica ha avuto nel pensiero occidentale degli ultimi 300 anni. Il quesito però si presta bene ad evidenziare la sostanziale inattualità di una disciplina che, dall’inizio del Novecento, ha dimostrato una radicale incapacità di confrontarsi con il contemporaneo, e di tenere il passo con le vicende dell’arte, da un lato, e con l’evoluzione della nozione di gusto, dall’altro. Tuttavia, da qualche anno a questa parte, si fanno sempre più numerose, e più convincenti, le tesi che mirano a restituire all’estetica un ruolo di primo piano nel nostro orizzonte culturale. In Italia, le voci più interessanti sono senz’altro quelle di Mario Perniola e Fulvio Carmagnola. Il primo, nel suo recente libello Contro la comunicazione (Einaudi 2004) , fa dell’estetica la chiave di volta della resistenza contro le insidie della comunicazione; mentre Carmagnola ha sostenuto, in diversi testi, che l’estetica può fornire degli utili strumenti di lettura della nostra attuale “epoca sinottica”, a patto che accetti di contaminarsi con altre discipline e di estendere il proprio campo di indagine dall’arte al mondo dei consumi, delle merci e dei media.
Da qui, la necessità di porre le basi di una nuova educazione estetica, in grado di confrontarsi con il presente culturale e fornire gli strumenti per “entrare nel regno delle merci estetizzate, dei consumi culturali, delle narrazioni mediali – e di orientarvisi”. È questa l’ambizione di Synopsis. Introduzione all’educazione estetica, che Carmagnola ha scritto a quattro mani con Marco Senaldi. Una volontà che costituisce, già di suo, un buon motivo per prenderlo in mano.
Carmagnola e Senaldi si guardano bene dal costruire il sistema. E mentre il primo si sofferma su una serie di strategie e comportamenti sociali che rientrano nel dominio dell’estetica generalizzata (dalla categoria postmoderna del camp al lifestyle, dai feticismi ai media alla figura del trickster, emblema dell’utente smaliziato e consapevole, capace di confrontarsi con la complessità culturale del gusto); il secondo torna all’arte, per riflettere sull’avvento dei media, la natura linguistica di molta arte del Novecento, l’opera aperta, il coinvolgimento dello spettatore e la morte dell’autore,
Nel suo complesso, Synopsis ha il grande merito di aprire, a chi si occupa di arte, una finestra su quella dimensione dell’estetico diffuso con cui la pratica artistica deve continuamente confrontarsi; di opporre, per chi si occupa di nuovi media, uno sguardo fresco, dall’esterno, all’inevitabile miopia in cui incorrono spesso gli specialisti del settore; e di offrire a tutti gli strumenti necessari per diventare dei trickster, abili manipolatori delle regole della società mediale, in grado di muoverci con leggerezza, come i suoi autori, tra etica hacker e culture jamming, cyberpunk e game studies, Susan Sontag e Sherrie Turkle, e di risolvere gli imbarazzi che hanno messo in scacco l’estetica tradizionale.
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