La storia insegna e spesso anticipa tendenze. La civiltà occidentale può essere interpretata attraverso i movimenti artistici, gli stili e le personalità emergenti nel tempo e nelle diverse culture? Ne dimostrano la possibilità Flavio Caroli e Ludovico Festa, con una “chiacchierata” erudita ma non paludata. Ma non si tratta nemmeno di un saggio divulgativo, poiché presuppone almeno una media cultura storico-artistica. Non un compendio per imparare la storia dell’arte, ma un altro modo per leggere e collegare gli eventi.
Non deve quindi confondere lo spunto iniziale,
Leonardo. L’attuale sua “riscoperta” è sicuramente debitrice del
Codice da Vinci, cosicché tutti i lettori si destreggiano fra commenti sulla Gioconda e Priorato di Sion come se parlassero di metereologia, confondendo inevitabilmente escamotage letterario e realtà storico-artistica. In questo caso, parlare del romanzo è il pretesto per cominciare una conversazione che si fa sempre più specialistica. Affrontare la figura dell’artista toscano non significa parlare del mistero che lo avvolge, ma comprendere quanto sia stato moderno, “globalizzato”: un artista che non lega il suo nome a un’unica città o famiglia di committenti, ma che propone la propria arte, architettura e scienza alle corti di Milano, Firenze, Venezia, Roma, Amboise, a Ludovico il Moro e a Francesco I.
La storia corre e nelle rappresentazioni iconografiche la figura umana non è più la protagonista incontrastata; la pittura non segue più unico punto di vista, convivono il classicismo e il naturalismo dei
Carracci e lo studio della natura di
Caravaggio. La luce diventa protagonista, l’Europa tende a globalizzarsi e la lezione di Caravaggio sarà compresa da
Velázquez in Spagna e da
Rembrandt in Olanda. L’uomo inizia a interiorizzare il mondo che lo circonda, l’attenzione per la psiche predomina nel Settecento e l’autoritratto diviene lo strumento fondamentale per rappresentare i sentimenti. Si diffonde la fisiognomica e, ai primi del Novecento, si giungerà alla psicoanalisi dell’opera d’arte, in primis lo studio di Freud sul Mosè di
Michelangelo. Nell’Ottocento, in Inghilterra,
Turner rompe la prospettiva con una visione allucinata dello spazio, mentre nella Francia napoleonica impazza ancora il neoclassicismo di
David.
Con l’avvento della rivoluzione industriale cambiano tempi e punti di vista, innanzitutto nei lavori di
Sironi e dei futuristi. A partire dal primo dopoguerra aumenta l’attenzione su New York. Cubisti, astrattisti e futuristi vedono la Grande Mela come il luogo ideale per creare e far conoscere le loro opere. I grandi galleristi diverranno il punto focale della vita d’un artista e
Andy Warhol, con la sua
Factory, assurge al ruolo di icona. Cinema, fotografia e pittura riescono addirittura a fondersi, dimostrando quanto l’immagine sia diventata l’autentica protagonista, al punto che spesso i registi sono anche pittori e fotografi.
La conversazione si conclude con un accenno alle ultime due avanguardie: il ‘68 anticonsumista e il ‘78 neoconsumista. Per quanto riguarda gli artisti contemporanei, eccezion fatta per alcuni nomi che hanno interpretato la realtà in modo anticonvenzionale, secondo Caroli non si sono ancora viste quelle potenti idee rivoluzionarie che creano i veri gruppi organizzati, le autentiche correnti. Quale sarà il tema della prossima avanguardia? Sarà l’uomo come per Leonardo? La luce come per Caravaggio? La psiche come per
Füssli? L’immagine del consumo come per Warhol?