Dopo la monografia di Frank O’Hara su Pollock e gli scritti di Rothko, la collana Miniature della Abscondita continua l’indagine sugli Espressionisti Astratti con questi Appunti sull’arte di Willem de Kooning, raccolta di testi e dichiarazioni dell’artista finora sparsi su cataloghi di mostre e antologie di poetica.
Il volumetto comprende pezzi importantissimi come il programmatico Ciò che l’arte astratta significa per me (1951) o gli interventi allo Studio 35 (1950), e altri meno conosciuti, autentici spaccati sui rapporti tra i pittori della Scuola di New York, come l’intervista su Gorky del 1966 o quella su Pollock del 1967.
La selezione restituisce tutta la lucidità e l’ironia del pensiero di de Kooning, dotato di una comprensione istintiva, si direbbe immediata, dei fatti artistici. Capace di pronunciare frasi fulminanti come “gli artisti non hanno mai avuto idee particolarmente brillanti”, o ancora “gli innovatori appaiono sempre alla fine di un’epoca”.
Il racconto appassionato della formazione si accompagna alla riflessione sul processo creativo e sul metodo personale, dalla serie delle Women ai successivi paesaggi che oltrepassano definitivamente la distinzione tra astrazione e figurazione (Il contenuto è una visione fugace).
La sua visione è intrisa di un umanesimo rabelaisiano: egli adotta perciò come punto di riferimento il “lato volgare, carnale” della pittura rinascimentale e lo collega senza difficoltà a Duchamp (Il Rinascimento e l’ordine). Come aveva intuito già Harold Rosenberg negli anni Cinquanta, infatti, de Kooning si confronta continuamente con l’intera storia dell’arte e con i suoi maestri, attraverso uno sguardo onnivoro e dissacrante, molto distante dalla rozzezza intellettuale che una certa tradizione critica ha per decenni attribuito agli action painters.
Uno sguardo che rivela un acuto senso storico; nel 1958, per esempio, considera così l’azione operata dal tempo sulle opere di dieci anni prima: “ci hanno chiamati sgocciolatori (drippers) e lanciatori di colore. Non credo che i nostri quadri appaiano ancora così violenti. Il grande Pollock mi è parso estremamente lirico e quieto”.
L’unica scelta poco efficace è, forse, quella di presentare le interviste prive delle domande. Comunque, la raccolta si presenta come uno strumento utile agli studiosi ma soprattutto, forse, agli artisti, proponendo un modello sicuramente inattuale e irripetibile, eppure attraente: “In realtà non mi preoccupava la prospettiva del fallimento: sentivo comunque di aver realizzato qualcosa. Mi ero imposto di pensare che sarei riuscito a fare ciò che desideravo, pur sapendo che era un’illusione”.
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L'ho comprato, l'ho letto in dieci minuti e alla fine avrei voluto rivenderlo: raffazzonato. Ci sono dei pezzi sublimi (come quello su Gorky), ma è un caso. Per chi conosce de Kooning è un libro imbarazzante, ma tant'è.