Il vostro pollice opponibile chiede tregua, dopo infinite ore di scroll sullo schermo aptico e ipnotico dello smartphone. Ma anche la mente avrebbe bisogno di una boccata d’aria fresca. Magari aprendo quella finestra d’ossigeno inesauribile del caro, vecchio libro che, in occasione di SPRINT, sembra tutt’altro che antiquato, con tutto il rispetto per le storiche aldine. Il Festival dedicato al panorama dell’editoria indipendente e d’artista torna a Milano per la sua settima edizione, da venerdì 22 a domenica 24 novembre 2019, e ci fa fare un salto nella contemporaneità tutta da sfogliare a cinque dita ma anche 11, chissà. Ideata da O’ associazione non-profit, in partnership con Spazio Maiocchi – Artifact, SPRINT è disegnata e curata dall’artista Dafne Boggeri, che ci ha raccontato un po’ di cose interessanti su come si rilega una manifestazione così articolata, oltre che sulla responsabilità legate all’oggetto libro.
Spesso, nella tua ricerca, hai lavorato sul concetto dell’ibridazione delle identità, dei ruoli e dei linguaggi. Cosa significa, per un’artista, curare una manifestazione come un festival dedicato all’editoria indipendente? In che modo questo progetto “relazionale” ha inciso sulla tua pratica artistica e viceversa?
«SPRINT è di per sé un’opera artistica e rientra in un percorso di “sculture sociali” quali: MOTHER, festival femminista dedicato all’arte e alla musica, in collaborazione con Noga Inbar, 2009-20011, Tel Aviv, Londra e Berlino; FULL MOON SALOON, palinsesto organizzato nelle 13 notti di luna piena del 2012, per O’; TRAMONTO, con Adele H, serie di raduni sul cavalcavia Bussa di Milano, per osservare il cambiamento cromatico della luce da giorno a notte, accompagnati da interventi musicali non amplificati. Questi tre progetti hanno anticipato _\|/_, gettandone le basi».
Arrivata alla settima edizione, SPRINT si è affermata tra i festival di settore più seguiti. Qual è il suo ingrediente segreto? Cosa vedremo quest’anno?
«Come piattaforma non-profit artist-led, SPRINT nasce da un grande lavoro di gruppo: Petra Rocca e Susanna Morari coordinano circa 30 volontar*, che con il loro impegno e generosità ci permettono di realizzare concretamente la maratona dei tre giorni; Elena Radice gestisce l’organizzazione del Workshop di Risograph e della documentazione, insieme ad Enrico Boccioletti; Sara Tortolato ci assiste nell’evoluzione dei contenuti, mentre Piera Cristiani è responsabile della comunicazione, oltre ad avere il fondamentale sostegno di Ilenia Arosio, Elisa Bozzarelli, Alice Daneluzzo, Caterina Riva, Giulia Tognon e tante altre figure. Sara Serighelli, direttrice dell’associazione non-profit O’ è il motore dell’iniziativa e la preziosa partnership con Spazio Maiocchi – Artifact, centro interdisciplinare promosso da Carhartt WIP e Slam Jam, dall’anno scorso ci hanno dato la possibilità di amplificare la visione.
Quest’anno la selezione dei publishers dell’Art Book Fair propone più di 90 realtà, fra le quali: A Dance Mag (Beirut), Amphibia (Torino), Archive Books (Berlino), Archivio Magazine (Torino), Batt Coop (Parigi), Jacopo Benassi (La Spezia), Camilla Candida Donzella (Milano), Compulsive Archive (Milano), Girls Like Us (Amsterdam), Onomatopee (Eindhoven), Quaderni delle Periferie (Milano), Quanto (Milano), Soy Bot (Vienna), Tazi Zine (Milano), Takecare (Bari), Tile (Milano). Mentre l’inaugurazione ufficiale di venerdì 22 da O’, è dedicata a David Reinfurt (1/2 di Dexter Sinister, 1/4 di The Serving Library, e 1/1 di O-R-G inc.) con una Lecture alle 19; oltre all’installazione site-specific da Artifact, NEW AESTHETIC di Leonhard Laupichler e la nuova rassegna performativa BOOKS AS HOOKS, a Spazio Maiocchi, con interventi di Costanza Candeloro x ALTALENA, Stella Succi x NOBODYS e Ginevra Dolcemare x FUZAO STUDIO.
Questi sono alcuni dei numerosi contenuti che potete trovare su sprintmilano.org».
La leggenda narra che l’editoria sia agonizzante. In effetti, a giudicare dai colori sgargianti delle copertine di certi prodotti editoriali indipendenti, sembra tutt’altro. Forse, nell’epoca della de-materializzazione, abbiamo riscoperto il piacere di sfogliare un bell’oggetto?
L’oggetto libro è vivo (e spesso ha una vita più lunga di quella di un mammifero), implica un livello di responsabilità e di scelta più complesse rispetto al supporto digitale, se non altro per una banale questione logistica di spazio nel conservarlo, o nel gestire come sbarazzarsene (svuotare un cestino digitale pieno di .pdf è molto più semplice che smantellare una libreria fisica, anche in termini di responsabilità culturale, sociale, ed ecologica…), tutti questi aspetti e molti altri rendono le pubblicazioni oggetti sempre più “preziosi”, a tutti i livelli, rispetto all’accumulo, spesso bulimico, di file digitali…ma è anche una questione di “movimento”, quello imposto dalla url dello ‘scroll/video’ è funzionale per certi versi ma non è del tutto ottimale per immergersi dentro i contenuti, perché la possibilità di distrazione sono infinite, mentre la “sequenza” del libro, con tutti i suoi limiti, è un perimetro che continua a conservare grandi potenzialità, anche nell’approfondimento».
Qui potete dare un’occhiata al programma completo.
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