La Fondazione Mimmo Rotella e il Mimmo Rotella Institute hanno realizzato il Secondo Volume del Catalogo ragionato delle opere di Mimmo Rotella (1918, Catanzaro – 2006, Milano), a cura di Germano Celant e edita da Skira, «che fa parte di un progetto più esteso di schedatura sistematica dell’intero corpus dell’artista».
Questo volume segue al primo, dedicato ai lavori di Rotella dal 1944 al 1961, pubblicato nel 2016, già a cura di Germano Celant e edito da Skira. È ora in preparazione il terzo volume, incentrato sul periodo dal 1974 al 1990, e sarà curato da Antonella Soldaini, che manterrà la metodologica impostata da Celant.
L’intero progetto editoriale è nato in collaborazione con il Mimmo Rotella Institute, costituito nel 2012 da Inna e Aghnessa Rotella e diretto da Antonella Soldaini, insieme con la Fondazione Mimmo Rotella, presieduta da Aghnessa Rotella.
«L’impronta di Celant la si può riconoscere nel fatto che, oltre ad essere un catalogo ragionato sulle opere e la carriera di Mimmo Rotella negli anni compresi tra il 1962 e il 1973, questo volume considera la figura dell’artista anche in rapporto ai principali eventi culturali e politici che avvenivano contemporaneamente allo sviluppo della sua attività. La quale viene documentata e illustrata in maniera sincronica con ciò che succedeva, sia a livello nazionale che internazionale, nello stesso periodo in cui Rotella si trovava ad agire. In questo modo lo scenario del periodo così ricomposto si allarga e permette una visione arricchita che va oltre il tradizionale aspetto di un catalogo ragionato, di solito contraddistinto da una sequenza incessante di foto e didascalie delle opere.
Per quanto riguarda invece la parte più strettamente scientifica, il “taglio” di Celant si riconosce da un metodo, mai utilizzato in precedenza, che il critico ha adottato e reso necessario dal fatto che spesso in passato con Mimmo Rotella sono nate delle discussioni circa la datazione delle sue opere. Nei casi dove, per motivi oggettivi, non sia stato possibile uniformarsi alla data rilasciata dall’artista, l’idea di Celant è stata di segnalare nel libro sia la data assegnata al lavoro da Rotella sia quella da lui ipotizzata e ritenuta più attendibile. Per l’esattezza la dicitura utilizzata è stata: “ipotesi critica di datazione”. Termini che lasciano capire quanta attenzione sia stata fatta nel trattare un argomento così delicato. Ovviamente il fine è stato di ricostruire in modo coerente e credibile il percorso di un artista di grande importanza come è Rotella. Il quale merita un’attenzione ancora maggiore di quella che ha avuto fino ad oggi e che forse è stato ingiustamente sottostimato proprio per la mancanza di uno studio serio fatto in precedenza sul suo operato».
«Il periodo preso in esame nel secondo volume, che come abbiamo detto comprende gli anni che vanno dal 1962 al 1973, è caratterizzato, nell’ambito dell’attività di Rotella, dalla realizzazione di opere eseguite con delle tecniche che sono meno famose dei celebri décollages. Si tratta dei riporti fotografici, degli artypos, degli effaçages e dei frottages. La sistematizzazione di questi lavori permetterà, per la prima volta, di venire a conoscenza in maniera approfondita e dettagliata di una parte della sua produzione che fino all’uscita di questo volume non era stata analizzata dettagliatamente. In questa occasione sarà possibile scoprire un Rotella diverso da quello che si conosce; di comprendere come il suo gusto per la sperimentazione lo abbia portato a non rimanere ancorato a una sola tecnica, come quella del décollages, che all’inizio degli anni sessanta lo aveva già reso ben accetto dalla critica, ma ad avventurarsi in nuovi modi di lavorare».
«Il terzo volume tratterà gli anni che vanno dal 1974 al 1990. Insieme con Veronica Locatelli, che ha sempre fatto parte del team di ricerca dei primi due volumi, seguiremo la stessa identica procedura e sistema metodologico utilizzati da Celant.
Gli anni che verranno analizzati nel terzo volume sono quelli in cui l’artista adotta una serie di nuove tecniche mentre contemporaneamente affina quelle sviluppate in precedenza. Se con il riporto fotografico, alla fine degli anni settanta, esegue dei lavori in bianco e nero, il cui soggetto si riferisce agli anni di piombo, nei primi anni ottanta l’artista inventa il blank o “copertura”. Si tratta di una tipologia nuova di lavori che posseggono un alone di indecifrabilità e per questo una qualità emotiva imperscrutabile. La tecnica consiste nell’apporre sopra i manifesti pubblicitari delle veline colorate che in questo modo annullano l’immagine sottostante così che l’aspetto di queste opere diventi astratto e monocromatico. A partire dalla metà del decennio, con le sovrapitture, Rotella si cimenta, così come era stato all’inizio della sua carriera, con la pittura e dialoga con il neoespressionismo del momento seppure a modo suo in quanto la sua ricerca è verso qualcosa di diverso dalla semplice stesura di una composizione pittorica. Il volume si concluderà con l’avvio degli anni novanta, quando l’artista torna al décollage, che in alcuni casi raggiungerà grandi formati e in altri assumerà addirittura una conformazione tridimensionale e scultorea».
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