“Fiato d’artista” è il titolo di un’opera di Piero Manzoni: un palloncino con dentro un po’ d’aria uscita presumibilmente proprio dai polmoni del provocatorio artista. Ma è anche il titolo di questo volumetto di memorie e lettere scritto da Paola Pitagora, nota al grande pubblico come la Lucia Mondella dei Promessi Sposi di Sandro Bolchi, sceneggiato televisivo degli ormai lontani anni Sessanta, e attualmente impegnata nella serie Incantesimo di RAI 1.
Ma non storcete il naso; no, non si tratta dei melensi e nostalgici ricordi di un amore giovanile da parte della donna ormai matura, con tanta vita e una bella carriera sulle spalle. Se avrete, come spero, l’avventura di incontrarlo, vi troverete in mano un romanzo da leggere col fiato sospeso, con dentro tanta passione e tanta ricerca sul senso dell’arte e della vita.
Angelo Guglielmi, che firma la nota introduttiva, dice di avere più di un motivo per apprezzare il testo: è un libro ”vero”, un libro di memorie che ha la coesione della verità; è un libro che parla degli anni Sessanta, uno dei periodi più ricchi, creativi ed esplosivi del Novecento; ha una struttura compositiva particolarmente felice, con la sua alternanza di lettere e brani di memoria; è il racconto di una storia d’amore in cui il privato, anziché infiacchire la narrazione, le dona quella dimensione di freschezza e di passione che è propria della vita e delle cose vere.
“Quando parlo della pittura di quel periodo, degli artisti, mi rendo conto che il mio punto di vista è parziale, limitato: non potrei mai, né sono interessata a fare una storiografia di quegli anni, a questo pensano egregiamente i critici.
Io riunisco frammenti della memoria, non cito nomi importanti che però non ho conosciuto e non hanno inciso nella mia vita.”
Ecco spiegato da Pitagora stessa, il taglio di questo testo: non un saggio critico ma un diario, nel senso più alto del genere, all’interno del quale scorre quel gruppo di ragazzi che cercò di realizzare il proprio sogno di Vita e di Arte in una Roma che fremeva di novità, di cinema, di stelline e di artisti esordienti che si affollavano davanti al caffè Rosati in Piazza del Popolo, sperando nell’incontro fortunato col gallerista o col regista famoso. E questi ragazzi erano Mambor, Ceroli, Festa, Kounellis, Lombardo, Lo Savio, Pascali, Rotella, Schifano, Tacchi: quelli, insomma, che hanno fatto scuola nell’ultimo scorcio del secolo appena trascorso.
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