Fondata da Leonardo Caffo, Rica Cerbarano, Marina Barbieri e Roberto Maria Clemente, PAROLA è una nuova “avventura editoriale” sul contemporaneo. La rivista si propone come dispositivo di lettura volto ad annullare il soggetto singolo per esprimere un messaggio universale con una voce comune e molteplice. PAROLA è stata pensata in serie da quattro numeri, al centro di ognuno un tema riassunto appunto in un’unica parola. “Museo” sarà il nucleo intorno cui si sviluppa il primo numero, prossimo all’uscita, col contributo di diverse personalità del mondo dell’arte, in forma di lettere e immagini. In attesa del launch event di PAROLA che si terrà il 29 novembre presso Edit Milano, con Francesca Heart e oak9000, abbiamo raggiunto Leonardo Caffo che ci ha raccontato qualcosa in più su questo nuovo progetto editoriale. «PAROLA toglie autorialità, rimuove l’autografo, e mixa le voci portando il lettore a uno sforzo di consapevolezza. PAROLA magazine è esercizio critico, lettura attiva».
PAROLA magazine, un’idea o un’esigenza?
«Parola è una esigenza di provare a dare corpo all’idea fondamentale della contemporaneità per cui bisogna mettere in discussione radicalmente tutti i tipi di identità. Per questa ragione la rivista sperimenta l’idea di mettere insieme i più grandi esperti sul tema nel primo numero del museo e decostruire completamente in un flusso unico, come se fosse un’unica immensa intervista a tutte le cose che queste persone ci hanno detto eliminando completamente il principio di autorevolezza o di individuazione dei soggetti».
Una serie finita: quattro numeri per quattro temi esplorati coralmente, la prima uscita dedicata a “MUSEO”. Le motivazioni alla base di questa scelta? Qualche anticipazione sui prossimi numeri?
«In realtà, la rivista non finirà al quarto numero ma ogni quattro numeri andremo a comporre una specie di serie per collezionisti individuando parole che in qualche modo sono legate tra loro. Per esempio, il secondo numero sarà sulla spiritualità che io vedo estremamente legata al tema museale cioè del primo numero. Non ci sono motivazioni particolari per non darsi scadenze definite, sapere se termineremo tra quattro numeri o tre o 400. Si tratta più che altro di prendere sul serio l’idea che ogni numero è di per sé un’antologia di qualcosa e funziona anche a prescindere da quelli che seguiranno».
Cosa aspettarsi da PAROLA magazine? Cosa si intende per “lettura attiva”?
«Quasi tutte le riviste contemporanee sembrano essere costruite molto più come oggetti meravigliosi e sempre meno come dispositivi di lettura. PAROLA rimette al centro la lettura attiva e la necessità di entrare come soggetti partecipi rispetto al flusso e al discorso che è stato composto dalla redazione tutta. Da parola bisogna aspettarsi l’idea di provare ad avere un dizionario delle parole fondamentali del nostro tempo dove i soggetti che le hanno prodotte sono molto meno interessanti del messaggio universale che mette insieme un’umanità senza genere, etnia, addirittura senza specie. Un corpo unico immenso e dunque costantemente in pace».
In che modo la parte visuale s’inserisce nel progetto di PAROLA magazine?
«Per la parte visuale, fondamentale nel primo numero, abbiamo collaborato con le Gallerie d’Italia e abbiamo selezionato una serie di fotografi che hanno lavorato per noi all’idea di museo in generale. Comunque è anche una rivista di arte contemporanea, questo lo dobbiamo alla partecipazione attiva nel nostro team di alcune figure che collaborano alla scelta magari di alcuni artisti che interpretano in modo speciale il numero in oggetto. Quindi anche le immagini per PAROLA in qualche modo sono parole per scrivere il futuro».
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