Sacro e arte sono parole di antico conio. La prima racchiude nel proprio etimo la potenza e la luce, pallide risonanze ancestrali di un fonema sanscrito (śak) e di un monosillabo ittita (sak). La seconda, più affine, nel significato, alla propria matrice indoeuropea, traghetta nell’oceano dei millenni il senso dinamico di un’azione fabbrile. Spigoliamo tra le pagine di Sacro contemporaneo. Dialoghi sull’arte, il libro di Michela Beatrice Ferri – giornalista e dottore di ricerca in filosofia -, una collazione di interviste, a studiosi e ad artisti, sul valore e sulla direzione di un’arte sacra contemporanea. Alla qualificazione temporale è posto il limite indicato da Elena Pontiggia, che ha contribuito al tema con una riflessione sulla tormentata spiritualità di Sironi: “Per arte contemporanea intendo l’arte dal XX secolo in poi, a partire dalle avanguardie del primo Novecento”. Nel panorama del sacro, l’autrice si restringe, dichiaratamente, alla fede cristiana cattolica additando il proprio riferimento in Jacques Maritain, il filosofo tomista che ebbe assidue frequentazioni con Severini, con Rouault, con Chagall. Molto diversificati, sia per orientamento che per spessore, gli interventi degli “addetti ai lavori”. Ci soffermiamo sulle considerazioni di Francesco Tedeschi che, sollecitato dalle domande, sottolinea la rilevanza del Manifesto dell’arte sacra futurista di Marinetti e Fillia (1932) dal cui testo stralciamo un breve passaggio: “…Il Futurismo, distributore di energie, pone all’Arte Sacra il seguente dilemma: o rinunciare a qualunque azione esaltatrice sui fedeli o rinnovarsi completamente mediante sintesi, transfigurazione, dinamismo di tempo-spazio compenetrati, simultaneità di stati d’animo, splendore geometrico dell’estetica della macchina”. Sono parole che, facendo astrazione dai toni irruenti e arditi caratteristici dei tempi, ci investono con un’appassionata istanza di rinnovamento e anticipano con veemenza quel cruciale dilemma che vediamo oggi serpeggiare, in forme diverse, nelle agili pagine di questo libro. Il dilemma tra un’arte liturgica, ecclesiale, ancillare alla catechesi, un’arte, insomma che sia al servizio del culto e che sappia, con impegno, rispondere all’appello di Papa Francesco di dare nuova carne alla Parola attualizzando e vivificando così il mistero dell’Incarnazione; e un’arte vissuta, piuttosto – lo suggerisce Timothy Verdon – come, immagine in fieri della Creazione, al cui disegno l’uomo-artista, se realmente e consapevolmente “creatura creativa”, può collaborare con il proprio libero agire estetico. Allora, come suggerisce Giovanni Chiaramonte, la coscienza si fa specchio che riflette e trasfigura ogni impressione sensibile: il dato naturale viene così sacrificato e in qualche modo redento dal fare arte. Ci sembrano svilupparsi su questa linea le ricerche di Nicola Evangelisti e di Valentino Vago. Indugiamo un istante – prima di chiudere – sulla figura di Monsignor Giuseppe Polvara, artista e architetto, e su una sua icastica definizione: “L’arte è preghiera in forma di bellezza”.
Luigi Capano
Michela Beatrice Ferri, SACRO contemporaneo. Dialoghi sull’arte
Ancora, Milano 2016
pagg. 165, euro 18