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READING ROOM Nuove geografie artistiche. Le mostre al tempo della globalizzazione
Libri ed editoria
Nuove geografie artistiche. Le mostre al tempo della globalizzazione
di Ivan Fassio
I concetti di etnicità e identità hanno assunto nuovi significati. E le mostre ne hanno tracciato il percorso
di Ivan Fassio
I concetti di etnicità e identità hanno assunto nuovi significati. E le mostre ne hanno tracciato il percorso
di Ivan Fassio
Centralità dell’incontro e arricchimento in termini di acquisizione di valori e di storie sono gli argomenti portanti di questa operazione editoriale. La trattazione, ampliata di apparati e schede tecniche, spazia dalla vocazione internazionale caratterizzante Documenta fin dalle prime edizioni, passando da Aperto 93 della 45esima Biennale di Venezia, per approdare ad una messa in discussione dei valori di etnicità e potere coercitivo dell’arte.
Con la mostra “Magiciens de la Terre”, curata nel 1989 da Jean-Hubert Martin al Centre Georges Pompidou di Parigi, si inaugura un’epoca di fascinazione per le culture non occidentali. L’evento può essere considerato il momento iniziale del processo di assorbimento delle periferie artistiche da parte del mainstream. Mirando all’inserimento immediato di nuovi modelli stilistici e iconografici all’interno degli schemi della comunicazione, tale progetto lancia una serie di opere già pronte per una diffusione rapida e capillare. L’affermazione della necessità di un dialogo intrecciato tra culture diverse si accompagna alla maturata consapevolezza politica di una società complessa e articolata. Autori allora emergenti come Yong Ping Huang, Alfredo Jaar e Tatsuo Miyajima dialogano con figure di rilievo: Marina Abramovic, Louise Bourgeois e Anselm Kiefer. L’analisi di un cambiamento portatore di innovazioni tralascia ogni intenzione di costruire antropologicamente una mappatura internazionale. La mostra rimane, al contrario, una piattaforma di confronto tra singole opere, senza mai aspirare ad illustrare una cultura attraverso lavori individuali.
L’altro importante polo interpretativo dell’analisi di Roberto Pinto è rappresentato da How Latitudes become Forms, curata nel 2003 da Philippe Vergne presso il Walker Art Center di Minneapolis e circuitati in Italia presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Il titolo della collettiva riecheggia la celebre formula When Attitudes Become Forms di Harald Szeemann. Dai comportamenti che avevano informato la svolta più significativa del Novecento, ci si rivolge ora alla complessa dinamica tra distanza e simultaneità della fruizione artistica. La mostra propone un’indagine delle modalità in cui progetti affini possano rivelarsi differenti a seconda di situazioni ambientali profondamente lontane tra loro. Vengono sperimentate inedite ipotesi di narrazioni non lineari e giovani autori – tra gli altri: Guillermo Calzadilla, Can Altay, Moshewka Langa, Robin Rhode – affrontano il tema dell’identità culturale e delle relazioni tra popoli attraverso un’ampia gamma di tecniche rivitalizzate da performance, interventi estemporanei, ricorso a insoliti meccanismi di riproduzione. L’atteggiamento multidisciplinare si affianca spontaneamente all’approccio multiculturale. Da quest’idea di condivisione nasce la consapevolezza della possibile traduzione infinita di un’esperienza attraverso l’utilizzo di ogni tipo di canale.
di Ivan Fassio
Autore: Roberto Pinto
Titolo: Nuove geografie artistiche. Le mostre al tempo della globalizzazione
Editore: Postmedia books
Data di pubblicazione: 2012
ISBN: 9788874900831
Pagine: 288
Prezzo: 22,50 Euro