Facciamo un gioco: nominate cinque artiste donne. Solo una regola: no Frida Kahlo, no Artemisia Gentileschi, no Marina Abramovic (troppo facile), e la lode va a chi riesce a citare tutte artiste vissute prima del Novecento. Se avete raggiunto l’obiettivo, congratulazioni – avete davvero del talento! In caso contrario, non preoccupatevi: è del tutto normale. D’altronde la storia dell’arte è stata sempre scandita da nomi maschili, fatto salvo per qualche sporadica incursione femminile. Non possiamo colpevolizzarci per questa grande lacuna. Possiamo però porvi rimedio e Phaidon viene in nostro soccorso, con il suo nuovo libro Great Women Artists.
Il libro non passa di certo inosservato: la copertina, di un giallo brillante, spicca prepotentemente tra gli scaffali delle librerie, o scrollando i post sui social. Quello che colpisce del titolo, scritto a caratteri cubitali, è che la parola women è sbarrata da una linea. C’è un significato preciso dietro questa scelta singolare: le artiste presenti nel testo non hanno bisogno di essere etichettate come donne per potersi considerare great artists. Si tratta infatti di straordinarie menti creative a prescindere dal genere, meritevoli di fama al pari dei loro colleghi uomini. Il problema è che non è andata così. Ed è per questo che Great Women Artists si fa non solo utile, ma necessario.
È la stessa Rebecca Morrill, ideatrice del progetto, a spiegarlo in un’intervista: «Sappiamo che dovrebbe essere sufficiente chiamare queste artiste fantastiche senza dover menzionare che si tratta di donne. Ma finché non ci sarà una rappresentazione più bilanciata nel mondo dell’arte – e in effetti in tutto il mondo – tali atti di riequilibrio sono ancora necessari per aumentare la consapevolezza di artist* cui nomi non sono ancora sufficientemente noti».
Great Women Artists presenta oltre 500 anni di storia dell’arte, attraverso le opere significative di più di 400 artiste. Ci sono quelle più famose, da Frida a Niki de Saint-Phalle, a quelle meno note – ma non meno significative. Stupisce soprattutto la quantità di artiste vissute tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo, come Clara Peeters e Ike Gyokuran. La più anziana, Properzia de’ Rossi, è nata nel 1490 a Bologna, mentre la più giovane, Tschabalala Self non ha nemmeno trent’anni.
Ogni artista è accompagnata da una scheda di poche righe che introduce il suo lavoro, e un’opera significativa. Alla fine del testo è presente un glossario che contiene tutte le definizioni utili per orientarsi nel mondo dell’arte. Uno strumento prezioso, che riscrive da capo le definizioni di stili e movimenti, per renderle più inclusive, senza dover citare necessariamente artisti uomini per reiterare i concetti, come spesso è accaduto. Ad esempio non ci sono Pollock e De Kooning alla voce dell’Espressionismo Astratto, ma il termine è spiegato con accuratezza solo dal punto di vista delle scelte artistiche, dello stile. Questo per non ricadere nello stesso meccanismo maschilista che per lungo tempo ha messo in ombra le donne artiste, spiega Morrill.
L’ordine alfabetico è il fiore all’occhiello di queste preziose pubblicazioni della casa editrice. Già negli anni Novanta, Phaidon aveva pubblicato The Art Book, compendio di grandi artisti della storia dell’arte. Questi erano presentati non più secondo il tradizionale schema cronologico, ma in ordine alfabetico. Si rendeva così possibile un nuovo modo di pensare all’arte, stravolgendo gli ordini convenzionali, proponendo nuove giustapposizioni e inediti dialoghi tra artisti.
Un approccio così radicale permette liberi percorsi all’interno della storia dell’arte. Questa struttura ha incoraggiato i lettori a mettere da parte i preconcetti, ripensando così agli artisti e ai movimenti di appartenenza. Già The Art Book presentava alcune artiste donne, ma il numero era nettamente sbilanciato. Pubblicare Great Women Artists è la naturale prosecuzione di un percorso inaugurato da Phaidon già negli anni Novanta, quando ancora non era così scontato presentare le artiste donne al pubblico.
Per questo si è scelto l’ordine alfabetico anche nel nuovo libro: per intrecciare storie, decenni, culture diverse, proponendo connessioni tra le opere. Non esiste un’unica storia dell’arte monotona, ma un mosaico di vicende e creazioni che possono essere rilette in maniera più libera. Così anche il libro si offre a più tipi di lettura; si potrà sfogliare pagina dopo pagina, o aprire a casaccio, in un viaggio che mescola diverse epoche, nazionalità e mezzi espressivi: dalla pittura alla scultura, passando per la fotografia, la performance, i video e le istallazioni.
Nel titolo risuona la domanda del noto saggio di Linda Nochlin del 1971: Why Have There Been No Great Women Artist? Nochlin sottolineava l’impossibilità per le donne di essere considerate great. Gli artisti degli Old Masters che potevano fregiarsi di questo titolo, erano coloro che realizzavano soggetti di storia (religiosi, storici, mitologici). Per poter eccellere in questo genere, erano necessarie le lezioni dell’Accademia, soprattutto le classi di studio di nudo dal vivo. Queste lezioni erano però vietate alle donne, che erano escluse dalle istituzioni in grado di insegnare e promuovere l’arte. Per questo il concetto di greatness era loro precluso: non si tratta di un aggettivo neutro, ma un costrutto culturale di impianto patriarcale.
Il pensiero di Nochlin si può facilmente riassumere con una sua celebre citazione: «ora come in passato, la situazione nell’arte e in decine di altri settori continua a essere spiazzante, oppressiva e deprimente per chiunque non abbia avuto la fortuna di nascere maschio di razza bianca, possibilmente dal ceto medio in su. Il difetto non è nella nostra cattiva stella, nei nostri ormoni, nei nostri cicli mestruali, o nelle cavità del nostro apparato genitale, bensì nelle regole e nell’educazione che riceviamo […] In fondo, il miracolo è che, nonostante la schiacciante disuguaglianza, tante donne siano riuscite ad affermarsi nella scienza, nella politica e nell’arte, da sempre domini maschili».
Ed è proprio per il miracolo enunciato da Nochlin che Rebecca Morrill presenta il nuovo libro Phaidon: una raccolta di artiste straordinarie che sono riuscite ad affermarsi, nonostante tutto. E per ricordarle, viene recuperato proprio quel concetto ritenuto da Nochlin obsoleto. Morrill confida nella duttilità dell’aggettivo great, nella sua capacità di trasformarsi nel tempo. Se nel passato le donne non potevano essere considerate great, perché non attribuire loro questa dignità negata, ora che abbiamo gli strumenti per riconoscerne il merito?
Nonostante l’accresciuta consapevolezza contemporanea, è più semplice per gli artisti uomini ottenere spazio in mostre e musei, ricevere quotazioni più alte nelle aste e recensioni critiche da parte degli storici dell’arte (anch’essi prevalentemente uomini). Già alcuni mesi fa riscontravamo che solo il 2% della spesa globale in arte è destinata alle donne.
Proprio per questo Great Women Artists diviene un libro essenziale, in grado di raccontarci una storia dell’arte parallela a quella che siamo abituati a conoscere. Non a caso il New York Times lo considera uno dei migliori libri d’arte scritti quest’anno. Non un modo per cancellare le informazioni pregresse, ma una chiara volontà di estendere i confini della nostra conoscenza. La speranza della curatrice è che questo non sia che l’inizio, per approfondire ulteriormente le storie di queste donne straordinarie. “..finché i nomi di questo libro non saranno conosciuti bene come quelli dei loro colleghi uomini, e finché non ci sarà più bisogno di chiedere se un’opera d’arte è fatta da un uomo o da una donna, perché sarà finalmente raggiunta l’equità nel sistema dell’arte”.
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