Penso soprattutto allo stra-abusato concetto della contaminazione, una delle grandi stupidaggini dell’arte di oggi. Già, perché, per molta parte della critica, sembra che gli artisti abbiamo scoperto solo ora di poter confrontarsi con altri ambiti della creatività umana, come se Kandinskij non avesse mai conosciuto Schoenberg, o il Minimalismo Cage. Per non dire del Bauhaus, di Fluxus, della Bodyart.
La nuova prassi artistica, che non riconosce più la caratterizzazione del medium, è fenomeno da indagare con attenzione, bandendo certe comode semplificazioni. Come fa bene Senaldi, che confeziona un lavoro che ha l’ambizione di essere un vero manuale di arte contemporanea, travestito da saggio. Duchamp, Beuys, Warhol, Minimalismo, Koons, De Dominicis: sono queste le tappe fondamentali della moderna creatività, ma la vera novità di questo libro è l’approccio metodologico, perché l’arte non è quella disciplina distaccata che trae, qua e là, ispirazioni dalla pubblicità, dai media, dalla musica, dalla letteratura. È invece ingranaggio di una macchina complessa, in fondo la vita stessa, in perenne movimento verso il godimento estetico, l’enjoyment, per il quale non esistono responsabilità specifiche, ma strane, curiose, talvolta contraddittorie, collusioni tra filosofia e società dei consumi, tra moda e design, tra media ed arte.
E’ l’alone di sacralità che l’arte si scrolla di dosso, dissolto in una miriade di episodi mediatici della nostra storia recente, riscattando però la sua natura pop più profonda, dalla quale emergono grandi opere d’arte, ma anche le strategie di grandi artisti che riescono ad agire criticamente sulla realtà. La storia dell’arte diventa sequenza disordinata di episodi dell’arte, impossibili da isolare rispetto alla vita quotidiana senza darne una visione falsata e parziale.
Detto ciò, è un peccato dover considerare che questo libro, nonostante le geniali premesse, non riesca a compiersi veramente. La sensazione che l’autore non abbia voluto affondare il colpo è forte. Così capita che un testo che poteva diventare fondamentale per la didattica e la critica attuale, rimane invece un contributo che solo a tratti è illuminante, rigoroso (ad esempio il capitolo su Jeff Koons, o la prima parte del contributo su De Dominicis). In altre occasioni appare invece imbrogliato, poco incisivo e perciò non convincente. Resta comunque un buon lavoro, nel quale troverete anche delle chicche, come la rilettura della nota bufala del duo Arpiani-Pagliarini ai danni di Maria De Filippi nel ’97 e la lucida spiegazione del perché Pietro Taricone è finito sulla copertina di Flash Art.
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alfredo sigolo
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me lo compero!
se paragonare Gina Pane ad Anna Oxa non è "affondare il colpo" ditemi voi....