Uscito nel 2001 sul mercato europeo e americano, questo testo di David Hockney ha suscitato fin da subito grandissimo interesse, oltre che un insperato successo di vendite. Oggi abbiamo finalmente l’occasione di leggere e di analizzare le teorie del pittore americano grazie ad un importante sforzo editoriale della Electa, che ha tradotto Il segreto svelato nella nostra lingua corredandolo di una veste grafica di altissimo livello. L’autore, uno degli artisti viventi più importanti, ha infatti esaminato uno smisurato numero di opere, soprattutto di maestri fiamminghi, arrivando alla conclusione che gran parte di questi pittori abbia usato una serie di “ausili ottici” non solo per poter analizzare minuziosamente i singoli particolari, ma anche per riprodurre integralmente la visione naturale. In particolare Hockney è certo che sin dal primo Quattrocento i pittori delle Fiandre abbiano utilizzato specchi, lenti e camere ottiche per proiettare l’immagine reale direttamente sulla tela e poi eseguire delle operazione di puro ricalco. . L’autore, nel formulare la sua teoria, è ovviamente avvantaggiato dal suo essere pittore in prima persona. Hockney riesce così a cogliere i diversi “trucchi ottici” che i suoi colleghi di qualche secolo prima avevano usato per riprodurre la realtà in modo talmente preciso da apparire addirittura sbalorditivo. Naturalmente affermare che artisti come Jan Van Eyck, Lorenzo Lotto o Antonello da Messina (solo per citarne alcuni) utilizzassero tecniche considerate poco ortodosse, come appunto lenti o specchi, può scandalizzare quella parte della critica (oggi davvero minoritaria) che vede ancora nel pittore un genio solitario, che esegue ogni singola opera solo dopo un profondo percorso culturale e intellettuale. In realtà, sappiamo benissimo che nelle botteghe artistiche, soprattutto in quelle medievali, le commissioni erano molto numerose, di diversa natura (dagli affreschi, ai deschi da parto, dalle pale d’altare ai gonfaloni) e i tempi, molto spesso, ristrettissimi. E’ dunque del tutto plausibile che l’artista usasse dei metodi che gli permettessero di soddisfare la committenza ottimizzando i tempi di consegna. Inoltre, anche ammettendo che in molti casi l’artista ricalcasse l’immagine proiettata, nulla toglie della sua abilità tecnica e della sua capacità di equilibrare le diverse componenti di un’opera. Anzi Hockney dimostra come alcuni quadri (tra cui il celebre Trittico Portinari di Hugo van der Goes o l’Agnello Mistico dei fratelli Van Eyck) siano frutto di una raffinatissima operazione di collage, nella quale le singole figure venivano unite e correlate proprio con il sistema delle lenti e degli specchi.
Un libro di ampio respiro e di gradevole lettura, con un apparato fotografico davvero esauriente che ci permette di effettuare un affascinante viaggio attraverso le tecniche pittoriche dal XIV secolo sino alla fine del Seicento.
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