La copertina è un dettaglio di un Achrome (1958-59) di Piero Manzoni, che precede le 930 pagine dell’Atlante dell’Arte Contemporanea 2020, pubblicato dalla casa editrice De Agostini e curato da Daniele Radini Tedeschi e Stefania Pieralice (prezzo di copertina 95 euri).
Si tratta della seconda edizione del cospicuo repertorio, che segue lo stesso modello della prima edizione, uscita nel 2018 e annunciata da un’immagine di copertina più legata all’attualità , con un dettaglio dell’opera di Mimmo Paladino Sole Solitario (1986). Il ponderoso libro “appartiene alla categoria degli annuari e dei periodici illustrati dedicati ad una visione ampia e dettagliata del panorama artistico italiano e del relativo mercato” , e infatti ricorda i cataloghi Bolaffi d’Arte Moderna, pubblicati dal 1973 al 1981. Inconsueta la struttura, che divide gli artisti moderni e contemporanei (esclusi i deceduti prima del 1950) in venti sezioni ognuna dedicata ad una regione italiana, “coniugando la tendenza alla globalizzazione dell’arte al criterio della localizzazione”.
Uno spirito glocal echeggia nell’intero Atlante dell’Arte Contemporanea, a partire dall’eccellente sezione di apertura, intitolata Indici di mercato, che riporta, con uno sforzo davvero lodevole ed estremamente utile, i prezzi raggiunti da ogni artista sia sul mercato secondario che su quello primario, attraverso diversi criteri, come la plusvalenza (evoluzione dei prezzi) il trend (crescente, decrescente, ciclico e costante) e il giudizio della redazione, espresso con pallini (da 1 a 5). Segue una sezione dedicata alle gallerie, che descrive con schede aggiornate 10 gallerie italiane, da Massimo De Carlo allo Studio Trisorio, che sembrano essere rappresentative di diverse tipologie, quasi a proporre una sorta di campionatura del settore. Segue una sezione dedicata alle case d’asta, che riporta le schede di due aziende basate ad Hong Kong, China Guardian e Poly Auction, che non hanno uffici nel nostro Paese. Infine si apre la panoramica sugli artisti divisa per regioni, dal Piemonte alla Sicilia, e qui la situazione si fa poco chiara, in quanto i criteri di valutazione appaiono quanto meno opinabili.
Gli artisti vengono descritti nell’Atlante dell’Arte Contemporanea con schede critiche redatta in maniera puntuale e aggiornata, ma di spazi e lunghezze molto diverse, che non sembrano riferibili alla loro posizione sulla scena ufficiale dell’arte né all’importanza del curriculum o alla notorietà mediatica. Così Francesco Barocco, che ha esposto al padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2015 ha una scheda della stessa lunghezza dell’iperrealista Luigi Benedicenti, che ha esposto solo in alcune gallerie private ma ha un’immagine a piena pagina, accanto alla scheda di Alighiero Boetti. Se Luciano Fabro viene descritto in sole 40 righe, Gianni De Paoli occupa una pagina e mezza con due immagini, come accade per Aldo Mondino e Fernando Montà . Così Massimo Campigli, Agostino Bonalumi e Lucio Fontana hanno un’immagine a piena pagina a testa, come Drago Cerchiari, Laura Longhitano o Alessandro Maria Zucca, mentre Rudolf Stingel, uno degli artisti italiani più venduti sul mercato internazionale, viene liquidato con sole 12 righe. La sezione dedicata al Friuli Venezia Giulia si apre con sei pagine dedicate ad Anna Maria Li Gotti, “pittrice raffinata e profonda”, mentre la scheda successiva dedicata ad Afro Basaldella è lunga poco più di 40 righe; per la Liguria troviamo un articolo di sei pagine su Luca Vernizzi, e una paginetta su Vanessa Beecroft, invitata tre volte alla Biennale di Venezia.
Ci si chiede quindi perché ci sia una differenza così forte e poco giustificata tra gli artisti: si suppone che in una catalogazione così minuziosa debbano occupare tutti lo stesso spazio, e le immagini corrispondere al peso oggettivo che ognuno di loro occupa sulla scena nazionale e internazionale in termini culturali e di mercato. É un peccato che un volume così curato non corrisponda a criteri di valutazione oggettivi, che ne avrebbero aumentato di molto autorevolezza e prestigio.
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Sono Fernando Montà - Pittore. Per caso ho letto l’articolo riguardo l’inserimento degli artisti sull’Atlante dell’Arte contemporanea De Agostini 2020; devo precisare che lo spazio occupato dal sottoscritto è di mezza pagina. Considero tale articolo fazioso e privo di correttezza verso un artista che da cinquant’anni lavora seriamente nella ricerca artistica. La differenza tra me e Mondino, si nota già dalle prime pagine dell’Atlante, dove sono messe in evidenza le quotazioni.
Leggevo quà e là , durante il primo lockdown e successive attuali pause causate dalla terribile pandemia sars-Covid che, giornalisti, esperti, artisti, criticavano l’attuale sistema italiano dell’arte che, ripetitivo e stantio, presenta spesso e volentieri i soliti nomi, predilige invitare artisti stranieri, non promuove giovani artisti che sono costretti a recarsi all’estero e, soprattutto, ama un collezionismo di tipo speculativo. Leggendo questo articolo di Ludovico Pratesi, peraltro esperto e preparato, comprendo sempre di più ciò che temevo, non c’è volontà di cambiamento: nell’articolo si disquisisce sull’importanza, sulle quotazioni, sul peso storico, su chi va alla biennale e chi no, sul numero di righe e pagine dedicate ad artisti, ma non si parla dell’essenza del lavoro pittorico, della ricerca, non si parla di chi fa ricerca seria, si prendono a caso nomi, si fa un confronto e ci si lamenta che il catalogo non presenti con più pagine sempre gli stessi, non si parla di svecchiamento; allora ben venga questo Atlante di arte contemporanea De Agostini curato da persone giovani e preparate quali Stefania Pieralice e Daniele Radini Tedeschi che, senza tralasciare nomi ormai storicizzati, promuove molti artisti scelti del territorio italiano, con precise schede approfondite; a tal proposito allego questa interessante intervista a Stefania Pieralice, chiarificatrice ed esaustiva: https://www.agrpress.it/editoria/atlante-dell-arte-contemporanea-2020-conversazione-con-stefania-pieralice-8408