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Un libro al giorno. A che cosa serve l’arte di Hans Ulrich Obrist e Gianluigi Ricuperati
Libri ed editoria
A chi vive, lavora e sogna per l’arte capita spesso di porsi la domanda elementare quanto esistenziale: a che cosa serve l’arte? Un maestro che, nel corso del tempo, ha affinato l’arte di fare domande è Hans Ulrich Obrist, curatore di fama internazionale, attuale direttore delle Serpentine Galleries di Londra. Dagli anni Novanta, intervista architetti, scienziati, filosofi, artisti e scrittori, stabilendo con ciascuno di loro un dialogo vitale e costruttivo. Persona di acuta raffinatezza e spiccata intelligenza, durante i suoi viaggi è riuscito a creare un bagaglio esperienziale ricco ed eterogeneo, non smettendo mai di interrogarsi sul ruolo dell’arte contemporanea in un’epoca come la nostra, caratterizzata dall’ipervelocità e dall’iperconsumo. Attraverso una narrazione dickensiana, costellata da aneddoti personali, riflessioni filosofiche sulla vita e sull’arte e considerazioni sulla pratica curatoriale, Hans Ulrich Obrist nel suo ultimo libro, realizzato con Gianluigi Ricuperati, A cosa serve l’arte (edito da Marsilio, 2023) ci guida lungo un cammino tortuoso, ricco di vicissitudini e incomprensioni, successi, sbagli, cose non dette o non fatte, tenendo sempre a mente il fil rouge della sua narrazione: l’utilità dell’arte.
«L’arte è una forma di speranza», diceva Gerhard Richter. Frase che risulta essere molto cara all’autore poiché ritiene che la varietà dei linguaggi delle arti contemporanee costituisca una delle più confortanti forme di resistenza al progressivo uniformarsi dei modi di vivere. Se Richter riporta un importante spunto, il lavoro dello scrittore, poeta e saggista Edouard Glissant rappresenta, invece, lo strumento più importante presente nella «Cassetta degli attrezzi» di HUO. Glissant, nel corso della sua vita, ha identificato i temi cruciali della nostra epoca, tra cui la deriva omogeneizzante della globalizzazione che appiattisce le specificità locali, anche nell’arte. Inoltre, approda a una visione peculiare dell’utopia, reputandola non come un sogno irrealizzabile ma bensì come ciò che manca. Tuttavia, il mancante non è da considerarsi come un vuoto, ma l’aspirazione ad un orizzonte più ampio, impossibile da misurare, inconcepibile finché non viene annunciato. Il futuro è cambiamento e l’utopia non è un sogno, l’arte serve a concepire ciò.
SALVARE LA SPERANZA DA PARTE DELL’ARTE ERA UNA CERTEZZA CHE SI E’ DILEGUATA COLL’IMMONDA ARTE COEVA.