Che cosa vediamo quando leggiamo? Così il newyorkese Peter Mendelsund ci pone una domanda già esplicita sul titolo del suo libro. Il lavoro di Mendelsund, director associato presso l’editore Alfred A. Knopf e art director di Pantheon Books, consiste nel disegnare copertine, nel condensare in un’immagine la suggestione che preannuncia ciò che si incontrerà durante la lettura. Nel suo libro, edito da Corraini (2020) costruisce un accostamento continuo di parole, citazioni e immagini che ci portano a riflettere sul come e cosa leggiamo ma, soprattutto, come gioca la nostra mente nell’immaginare. Immaginazione, parola chiave per esplorare questo libro. <<Raffigurare nel pensiero, creare nell’immaginazione>>, spiega. Oppure, <<Quando leggiamo assorbiamo le parole e le parole con una sola occhiata. Le deglutiamo come l’acqua>>. Mendelsund sostiene che, quando apriamo un libro per la prima volta, entriamo in uno spazio di confine. In quel momento non siamo né nel nostro mondo reale né nel mondo nel quale si tiene in mano un libro, né nel mondo metafisico a cui fanno riferimento le parole. Realizziamo il sogno, forse, di tutti, di essere dotati del potere dell’ubiquità, la facoltà di essere contemporaneamente in ogni luogo. Leggendo portiamo la nostra attenzione altrove, il mondo esterno e interno si sovrappongono, si accavallano, quasi si confondono. Il libro è l’appiglio, il punto di intersezione tra questi due mondi: un ponte, un canale, un passaggio tra i due. Oltre alla parola sulla pagina, che cosa immaginiamo? Quando raccontiamo un libro, o quando tentiamo di esprimere cosa abbiamo provato leggendo, stiamo parlando in realtà del ricordo di quel libro. Ciò che si crea nella nostra mente è un’immagine flebile, che si sottrae a uno sguardo più indagatore. Mendelsund ci sottopone due esempi: nel romanzo Al faro di Virginia Woolf, Lily Briscoe dipinge un quadro che raffigura la signora Ramsey e il figlio James. Riusciamo a immaginarci nitidamente la scena? Riusciamo poi a immaginare quello che la pittrice dipinge? No, non ci riusciamo «la scena e i suoi occupanti sono sfocati, confusi»; forse l’unica cosa chiara che riusciamo a desumere dalla descrizione è proprio quella macchia viola di forma triangolare a cui sono “ridotti” la bellissima madre e il figlio. Oppure, proviamo a pensare all’aspetto di Anna Karenina sulla base della descrizione di Tolstoj, possiamo crearci un’immagine? Gli scrittori astraggono quando scrivono una storia e i lettori astraggono quando leggono. Immaginare significa astrarre.
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