Vi è mai capitato di piangere in pubblico? E, se sì, che effetto vi ha fatto? Non c’è dubbio che mostrare le proprie emozioni senza veli faccia sentire fragili e indifesi. Eppure, dice Didi Huberman, essere capaci di commuoversi è senza dubbio un dono e un segno di coraggio. Ispirandosi a un esperimento svolto da Walter Benjamin tra la fine degli anni venti e l’inizio dei trenta, la francese Gilberte Tsaї ha recentemente promosso una lodevolissima iniziativa, volta a proporre temi di cultura di alto livello ai bambini delle scuole, invitando personaggi famosi, professori e studiosi, a tenere alcune “piccole conferenze” a loro rivolte.
Georges Didi Huberman si è reso protagonista di ben due di questi incontri, l’uno dedicato al tema della dis-obbedienza e l’altro, appunto oggetto del libro di cui qui parliamo, sul tema delle emozioni. Il fatto di doversi rivolgere a un pubblico più che giovane, “costringe”, in qualche modo, lo studioso a esprimersi con parole semplici, anche se non meno precise. Il risultato è un volumetto di agilissima lettura, ma anche di una profondità inaudita, ottimo compendio dei più recenti studi del filosofo e storico dell’arte francese, che, appunto, hanno il tema delle emozioni al loro centro: Che emozione! Che emozione? è tradotto in italiano da Luca Sossella Editore, 2024.
Ma torniamo a noi. A piangere in pubblico non si fa una bella figura, secondo il bon ton. Ma avere il coraggio di mostrare i propri sentimenti, di non nasconderli, può anche essere il segno di una più profonda umanità e persino di maturità. Certo, la storia della filosofia e della scienza non confermano questa lettura. Darwin considerava le manifestazioni emotive un segno di inferiorità tipico delle donne, dei bambini e delle razze non europee (con tutto quello che questa affermazione, molto poco condivisibile, comporta!!). Kant stesso vedeva nelle emozioni mostrate in pubblico un segno di debolezza. Un passo avanti si fa con Hegel, e poi con Nietzsche, che restituiscono all’emozione, nel caso di Nietzsche dionisiaca, un suo proprio valore.
Tuttavia, tra il mondo delle emozioni e quello dei filosofi, la Spaltung persiste inevitabile. Ma questo accade, spiega Didi Huberman, proprio perché la filosofia, come voleva Hegel, è la nottola di Minerva, che spunta quando tutto si è concluso (e quindi può rivendicare una precisa visione d’insieme delle cose), mentre l’e-mozione è qualcosa di vivo, vitale e in movimento, e perciò stesso indefinibile e indefinita.
A testimoniare le emozioni nella loro ricchezza e complessità non restano allora che le immagini, soprattutto quelle artistiche, insieme per loro natura più immediate e più complesse, stratificate, intense, esposte a molteplici diverse interpretazioni e dense di formule di pathos di warburghiana memoria. Questo breve libro si legge facilmente, ma dona moltissimi spunti di riflessione. In più è scritto con un linguaggio semplice, spedito, fresco. Insomma è un piccolo gioiello da gustare fino in fondo e di cui fare tesoro per chi voglia capirci qualcosa di temi attualissimi in arte e filosofia come le immagini, le emozioni, e che cosa tutto questo abbia a che fare con il pensiero.
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