La trasformazione è una delle regole principali del mondo vegetale. Nella letteratura, invece, sembra essere occasione di liberazione. Ad un intreccio tra le due ha pensato la scrittrice giapponese Ayase Maru nel suo La foresta trabocca, pubblicato con add editore, con la traduzione di Ozumi Asuka (2023), nella collana dedicata alla letteratura asiatica contemporanea.
Primo romanzo dell’autrice ad essere tradotto in italiano, ci conduce con uno stile piano e rassicurante in una storia apparentemente ordinaria, dove l’elemento perturbante e fantastico non irrompe, ma si insinua senza preavviso, dopo le prime pagine,
Rui Nowatari è la moglie di un noto scrittore, divenuto famoso grazie a romanzi in cui ha descritto la relazione con sua moglie, negli aspetti più intimi e privati. La donna, stanca di esistere unicamente come oggetto narrativo del marito, accoglie la metamorfosi come possibilità di liberazione. Preda dello sconforto, a causa di una vita in cui alcuna individualità è possibile, divora una ciotola di semi che germoglieranno sul suo corpo. Lentamente, ma in modo ineluttabile, la donna si trasformerà in una foresta che, dalla stanza da letto, dove verrà confinata, traboccherà all’esterno invadendo le vie attigue alla casa.
L’elemento fantasioso viene, quasi subito, assorbito dalla narrazione focalizzata sull’immagine della donna, la sua rappresentazione e sul conflitto generato dall’incomunicabilità relazionale che ne consegue. Si affianca a questi temi anche una riflessione sul senso intrinseco della scrittura e sul rapporto tra questa e l’ispirazione; si fa strada tra le pagine, una riflessione critica circa quel limite invisibile, tra arte e manipolazione, che quando valicato diviene atto di solo prosciugamento predatorio.
La foresta trabocca è quindi la storia di un femminile che, per liberarsi, passa attraverso la trasformazione, non senza dolore o avversità. Così, complesse e conflittuali sono anche le storie delle altre donne che si diramano dalla narrazione centrale. Tutte impegnate a divincolarsi da uno stringente e riduttivo ruolo di partenza, divengono altro da sé sotto gli occhi del lettore, in un tempo impercettibile come quello che trasforma una gemma in fiore.
L’espediente narrativo, quindi, allarga la maglia del personaggio femminile tout court, andando oltre il corpo e il genere, raccontando la complessità rigogliosa del femminile, ponendola in analogia con il regno vegetale. E allo stesso modo, esplode in maniera incontenibile, germogliando silenziosamente, come muta, ma potente volontà.
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