Non ci si può che commuovere dinanzi al capolavoro della passione, quando questa ingegnerizza le idee, regala esecutività agli studi o quando rende operativa la teoria: facendo divenire le astrazioni – finalmente! – un fatto affidabile e concreto. Insomma, quando – attraverso di essa – si dona vita ad un’operazione seria, tangibile e godibile fatta di approfondimenti, studi e ricerche costanti. Il libro di Delia Somma, L’estasi di Artemisia Gentileschi, indagine storico-scientifica di un’opera inedita (Tab edizioni, 2024), è questo e molte altre cose. E la varietà di dimensioni che attraversa e rappresenta, è riconducibile proprio alla preparazione e alla acribia perseverante della sua autrice che riesce – sì – a meravigliarsi ancora dinanzi all’inarrivabilità dell’arte ma – anche – a non lasciarsi paralizzare dall’emozione (magari di una nuova scoperta) della materia che meglio conosce; e, di conseguenza, riesce a continuare a possedere il vantaggio impagabile dell’approfondimento fino all’ultima goccia di indagine nel pieno della propria irrinunciabile lucidità. Delia Somma – critica dell’arte – si inoltra nella tundra delle analisi scientifiche, delle ricostruzioni storiche, delle comparazioni stilistiche e compositive, delle notizie riscontrabili solo con l’ausilio della tecnologia e, anche, contemporaneamente, di quelle che – come un bagliore – provengono dalla potenza dell’istinto, per l’attribuzione di un ritrovamento fondamentale che regalerebbe al mondo una autografia inedita e dirompente – dato il rilievo dell’artista a cui si è quasi certi possa essere riconducibile.
E, oltre che avallata da molteplici evidenze, la critica dell’arte lo fa con una vena coraggiosa, spericolata, seriosa ma anche tangibilmente emotiva e sentimentale, nei confronti della dimensione in cui si è immersa, quasi in apnea per lungo tempo prima di estrapolarne qualche timida certezza: in piena continuità, quasi identitaria e valoriale, con quella Artemisia Gentileschi, di cui la stessa Delia Somma appare discepola – per testardaggine, senso analitico e incedere oltranzista nei confronti di un’idea e di una verità da condividere. Le pagine del libro, narrano di quello che fino a questo momento era un dipinto sconosciuto o, comunque, non ancora riconducibile alla rivoluzionaria, ribelle e furente pittrice, figlia d’Orazio. E ne analizzano gli aspetti tecnici, storici e scientifici – oltre che tecnologici e “matematici” – senza rinunciare a quella lieve lirica che lo rendono uno studio appassionato – sì – ma anche appassionante. Per cui, per goderne, non è necessario essere uno degli addetti ai lavori o essere inderogabilmente qualcuno presente dentro il perimetro (sempre più ristretto e meno interessante) del mondo-dell’-arte.
Questo poiché, grazie al filtro dell’amore per la materia trattata che genera potente semplicità, l’autrice è in grado di rendere scorrevole e godibile quello che, senza l’affascinante tocco di magia dell’amore per il proprio lavoro, sarebbe stata una già vista e atonale serie di informazioni e notizie senza alcuna seduttività per il pubblico o senza alcun interesse per chiunque non parlasse la stessa lingua della studiosa.
Con il rischio, nella sostanza, di risultare una ricerca difficile da trasferire e, quindi, autoconclusiva. Ma la vera rivoluzionarietà del lavoro contenuto nelle pagine del libro di Delia Somma – riscontrata personalmente nella realtà anche nella splendida cornice della Libreria Spazio Sette a via dei Barbieri a Roma (luogo della sua recentissima prima presentazione) – è la sua capacità di saper arrivare trasversalmente. Per un ritrmo tra le pagine e nella riscostruzione che – non casualmente – quasi odora e somiglia al languore, al piacere insinuante, contenuto sulla tela che raffigura e di cui parla. 1 Un libro che merita un’attenzione non solo solenne come si potrebbe intuitivamente presupporre ma – volendo – anche estiva: grazie alla semplicità logica e appassionante del suo linguaggio, alla chiarezza e alla razionalità dei suoi codici – che quasi renderebbero irrilevanti eventuali futuri ripensamenti – a metà tra prosa e dossier, tra testo e verso. Per una piccola grande perla della ricerca e della comunicazione culturale, oscillante tra lo scientifico e il poetico, tra l’analitico e il romantico, che solo studiosi seri – come la nostra Delia Somma – hanno la capacità di intessere e cucire nel nostro tempo e nelle nostre geografie della conoscenza contemporanea.
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