Una ruota di bicicletta, uno scolabottiglie, una pala per la neve: lo spettatore, colto di sorpresa, vede l’oggetto “banale” trasfigurarsi sotto una nuova luce, costringendolo a riflettere su ciò che ha davanti. Ma perché Duchamp fa queste scelte artistiche? La risposta si svela nelle pagine di Marcel Duchamp. La vita a credito di Bernard Marcadé (2009, Johan & Levi). Come scrive Achille Bonito Oliva nella prefazione, Marcadé «alternando testimonianze e precise dichiarazioni di artisti, galleristi e amici, ci consegna il quadro creativo di un pensatore visivo».
Molto è stato scritto sulla sua opera, ma molto meno sulla sua vita. Una vita che l’artista francese ha costruito fuori dai canoni convenzionali, non già come artista o anarchico ma, per riprendere un suo neologismo, come ‘anartista’. «Mi comporto da artista anche se non lo sono» affermava Duchamp, che spesso ha raccontato di sé e del suo approccio al lavoro, delineando una personale filosofia: ridurre i bisogni per essere veramente liberi, trasformando questa idea in una vera e propria arte di vivere.
Definito da André Breton come «l’uomo più intelligente del XX secolo», il maestro visionario e pioniere ha intrecciato la sua arte con le grandi avventure estetiche del tempo, senza mai ridursi a una sola corrente. Dal Futurismo al Cubismo, dal Dadaismo al Surrealismo, approdando infine al ready-made e all’assemblaggio, ha dato inizio all’arte concettuale. Credeva che l’artista potesse andare oltre la semplice riproduzione della realtà, doveva smascherare i meccanismi del linguaggio e della comunicazione, provocare con ironia gli spettatori e, talvolta, prendersi gioco di loro. Pablo Picasso una volta osservò che tanta arte contemporanea è frutto dell’opera di Marcel Duchamp, cambia solo l’imballaggio, e non gli si può dare torto.
In copertina, una fotografia d’epoca di Eliot Elisofon, fotografo della rivista Life, lo ritrae mentre gioca a scacchi, una grande passione che accompagnò Duchamp per tutta la vita. Marcadé racconta come questo gioco sia stato fondamentale per lui, un modo di pensare strategico e contemplativo che si riflette in tutta la sua produzione artistica. «Ne ho piene le tasche di essere un pittore o un cinematografaro. L’unica cosa che mi possa interessare ora è una pozione in grado di farmi giocare divinamente a scacchi» dichiarava egli stesso, svelando con ironia il suo amore per il passatempo che influenzò profondamente il suo genio creativo.
Questo libro, tuttavia, non è una biografia da leggere come un romanzo, ma una miniera di informazioni su un uomo enigmatico, affascinante e fondamentale per l’arte del Novecento e oltre. Alla fine della lettura, avrete l’impressione di aver conosciuto Duchamp di persona, vi troverete a chiamarlo Marcel, dandogli del tu, come se fosse un vecchio amico.
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