Pensando all’estate in cui siamo immersi e agli spettri, molto reali, della crisi ambientale credo che il bel libro di Gianni Biondillo, l’autore di “Sentieri metropolitani. Narrare il territorio con la psicogeografia”, pubblicato da Bollati Boringhieri, potrebbe essere un buon viatico per affrontare il mondo che abitiamo in maniera differente e più salutare per tutti.
Uno degli argomenti più intriganti che Biondillo sottolinea ripetutamente nel libro, è che la città e il paesaggio sono organismi vivi, inquieti, fluidi che si modificano costantemente sotto la pressione delle azioni e dei corpi di tutti i viventi che lo attraversano quotidianamente e che l’unico modo che abbiamo per comprenderli a fondo ed esserne parte attiva è quello di abitarli in movimento, attraversarli e possederli con i gesti, lo sguardo, i piedi e la nostra sensibilità. Senza queste azioni fondamentali, che comportano l’emergere di una forma di attenzione e consapevolezza critica dei luoghi, non possiamo pensare di essere parte agente attiva nella cura e trasformazione degli ambienti che abitiamo.
Camminare diventa una forma d’intelligenza progettuale che tutti possiamo esercitare e che aiuterebbe a migliorare gli ambienti che abitiamo. Noi tutti siamo dotati di una “mente paesaggistica” e, oltre a questo, noi e i luoghi che ci circondano viviamo di reciproche influenze che ne modificano la forma, il carattere e la storia.
Da questa necessaria premessa credo che la tesi centrale del libro di Biondillo sia che, dopo due secoli in cui la cultura occidentale ha costruito metropoli a misura d’automobile, relegando i pedoni ai marciapiedi sempre più stretti e ad abitazioni sempre più compresse e privatizzate, si tratta di riprendere in mano il proprio destino urbano e mettersi in marcia.
L’atto di camminare diventa un atto politico consapevole e progettuale che passa dal riconoscimento critico dei luoghi che ci circondano e arriva a una forma di consapevolezza che ti porta inevitabilmente a costruire comunità e forme attive di progetto che siano solidali, sostenibili e partecipate.
La relazione naturale tra esistenza e passo di marcia è dentro di noi dall’alba dei tempi e supera la costruzione culturale che ci ha suggerito per anni che noi fossimo diventati un popolo stanziale avendo abbandonato la precedente identità nomade. Quello che invece stiamo finalmente riscoprendo è che, probabilmente, la stanzialità è un immaginario culturale e simbolico rafforzato dalla visione capitalistica e urbana degli ultimi due secoli ma non la condizione profonda, innata, che invece è dentro di noi e va riscoperta e coltivata attivamente. I meccanismi che hanno regolato la forma e i tempi della città occidentale moderna stanno saltando e le forme inquiete dei nostri paesaggi metropolitani ci stanno obbligando a trovare strumenti differenti per orientarsi e muoversi in geografie fisiche, umane e simboliche che chiedono sguardi e pensieri differenti.
Camminare da soli e insieme, diventa allora un preciso atto politico e insieme una forma di narrazione diversa che chiama condivisione, sguardo generoso, visione e comprensione.
Camminare insieme vuole dire non avere paura del tuo compagno di viaggio ma credere nel dialogo e nello scambio attivo di punti di vista che abbattono differenze e che, soprattutto, ci consentono di abbattere quella odiosa distinzione tra luoghi importanti e spazi invisibili.
Il libro di Biondillo è una precisa sollecitazione a tornare a osservare i luoghi per quello che sono nella loro ricchezza stratificata, complessa e contraddittoria e, oltre a questo, ci consegna alcuni strumenti per affrontare questa condizione consapevolmente.
Camminare e scoprire ammirati luoghi dei nostri paesaggi che chiedono di essere ascoltati e amati è il primo, fondamentale, passaggio per progettare e abitare le nostre metropoli come luoghi ricchi di potenzialità e risorse inattese che chiamano visioni generose e irriverenti perché diventino un patrimonio per tutti noi.
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