Categorie: Libri ed editoria

Una lunga storia d’arte: mezzo secolo di Studio Trisorio, in un volume

di - 14 Aprile 2020

«Fu Pasquale a comprare i biglietti per permettere a Lucio di invitare a Napoli per la prima volta Joseph Beuys e la sua famiglia». Così comincia il racconto di Lucia Trisorio, moglie di Pasquale, fondatore dello Studio Trisorio, storica galleria napoletana che festeggia i suoi 45 anni di attività con il ponderoso volume intitolato Studio Trisorio una storia d’arte 1974-2019, edito da Electa e presentato alcune settimane fa al museo Madre, nel corso di una sentita e partecipata conferenza. Ponderoso ma non noioso, visto che la chiave scelta è un racconto in tono colloquiale a due voci: Lucia per la storia della galleria e sua figlia Laura per Artecinema, il festival da lei fondato nel 1996 e arrivato alla ventesima edizione. A conclusione del volume, corredato da un imponente apparato fotografico, alcune testimonianze degli illustri “compagni di strada”: da Michele Bonuomo a Bruno Corà, da Angela Tecce ad Andrea Viliani.

Il coraggio dello Studio Trisorio

E la prima immagine è quella, tenerissima, di Lucia nel 1972, seduta su una poltrona di Mario Ceroli, il primo artista acquistato dalla giovane coppia nel 1970. Pochi anni dopo, Pasquale gestì la sezione di grafica della Modern Art Agency di Lucio Amelio, dove incontrò una serie di artisti come Fabio Mauri, Joseph Beuys, Jim Dine e Alberto Burri. Dopo la breve esperienza con Amelio, Pasquale e Lucia aprirono il loro primo spazio il 16 ottobre 1974, con una mostra di sculture di neon di Dan Flavin, in collaborazione con la Galleria Sonnabend. «Nel cortile dello spazio affacciato su Riviera di Chiaia, c’era un meccanico che partecipava molto alla nostra impresa. Il giorno prima dell’inaugurazione entrò in galleria e disse: le luci sono bellissime ma quando appendete i quadri?», racconta Lucia.

Pasquale e Lucia erano tenaci, giovani e coraggiosi e non si fermarono davanti a nulla: negli anni Settanta ospitarono le mostre-performance di Giuseppe Chiari e Luca Patella, oltre a Don’t Step on Me (1974), celebre intervento dell’americano Vincent D’Arista, inaugurato il 7 maggio 1975, con una performance dove Pasquale veniva legato in diretta da Vincent. Un’azione molto audace in quei tempi, che ha anticipato A Perfect Day (1999) di Maurizio Cattelan, che attaccò con lo scotch il suo gallerista Massimo De Carlo a una parete della sua galleria a Milano.

Molti artisti sono passati per lo Studio Trisorio nei quattro decenni di attività: da Emilio Isgrò a Alighiero Boetti, da Jannis Kounellis a Rebecca Horn, da Lucia Romualdi a Gregorio Botta. Lo Studio Trisorio presentò anche la fotografia fin da tempi non sospetti: nel 1976 arrivarono i ritratti di grandi artisti contemporanei scattati da Gianfranco Gorgoni, che aprì la strada a Mimmo Jodice, Gabriele Basilio, Helmut Newton, William Eggleston, Raffaella Mariniello, Martin Parr e altri.

Molte le mostre memorabili, come la rassegna “Differenza Video”, curata da Mario Costa nel 1982, “The Dog from Pompei” di Allan Mc Collum (1993), aperta pochi mesi dopo la scomparsa di Pasquale, “A casa di” (2001) di Ettore Spalletti, “Oggi qui” (2008) di Daniel Buren.

Il capitolo di Villa Orlandi

Il volume documenta anche le attività dello studio a Roma, dal 2004 al 2011, ma soprattutto la storia di Villa Orlandi ad Anacapri, dal 1970 al 1989. Concessa ai Trisorio dalla Fondazione Cerio, la villa settecentesca in abbandono divenne un punto d’incontro di artisti. Tra i primi arrivò Joseph Beuys: la sua celebre opera La Rivoluzione siamo noi (1971) lo ritrae nel viale d’ingresso della villa.

Anche altri grandi artisti dedicarono opere a Villa Orlandi: Mario Merz installò i numeri di Fibonacci sulla terrazza, Calzolari ricoprì di muschio le vecchie panchine mentre Spalletti spedì un cuscino di polvere di cemento per la panchina circolare del giardino.

«La villa Orlandi di Anacapri è stata il nostro luogo del cuore, un’oasi felice, un posto incantato che catalizzava energie e intelligenze da ogni parte del mondo», racconta Laura Trisorio, fondatrice del festival Artecinema e motore della galleria negli ultimi anni, che hanno visto lo Studio Trisorio promuovere grandi mostre pubbliche, come “Oro Rosso” di Jan Fabre al Museo di Capodimonte nel 2019. Iniziative portate avanti da quella che Bruno Corà ha definito «punta qualificata e coraggiosa nella storia culturale di Napoli e in Europa».

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