Immaginare una rivisita come se fosse un padiglione, anzi, il padiglione centrale dell’Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea della Biennale di Venezia. Questo è stato l’invito rivolto da Simone Marchetti, direttore di Vanity Fair, a Cecilia Alemani, curatrice della 59ma edizione della Biennale d’Arte, che in questi giorni è tornata a illuminare i Giardini e l’Arsenale di Venezia.
Questo ultimo numero di Vanity Fair, in edicola dal 20 aprile, è stato appunto curato, anzi, diretto proprio da Alemani. «Un modo per ricongiungersi ai sogni, alla fantasia, alla meraviglia che questi tempi di guerra e di pandemia ci hanno tolto, a volte proibito», ha spiegato Marchetti. «Potevamo limitarci a intervistare Cecilia o a metterla in copertina, ma ci sembrava troppo scontato. Così, come successo in passato con grandi registi come Paolo Sorrentino o con grandi artisti come Francesco Vezzoli, lo scorso dicembre abbiamo chiesto a Cecilia di dirigere Vanity Fair, di pensare al giornale come fosse uno dei padiglioni della sua Biennale, un’estensione editoriale del suo impegno da curatrice».
«Quando Vanity Fair mi ha chiesto di essere direttore ospite di un numero speciale in concomitanza con l’apertura della Biennale, ho pensato che sarebbe stato interessante capire qual è l’eredità del Surrealismo oggi. È stata una bellissima avventura, ricca e appassionante, per la quale ringrazio tutti i miei compagni di viaggio», ha aggiunto Cecilia Alemani.
Dalla trasformazione dei corpi e delle identità, temi affrontati nell’intervista a Miro e nel ritratto dedicato a Claude Cahun, alla dimensione onirica, svelata dal neuroscienziato Giulio Bernardi, fino al superamento dei concetti di follia e normalità quando si parla di salute mentale, evocato nel racconto di Peppe Dell’Acqua e nella magnifica esperienza di Marco Cavallo. Sono alcuni dei temi che attraversano la Biennale curata da Alemani e che ritroveremo anche nelle pagine della rivista.
Ma ad aprire le porte di questo numero speciale, il servizio di copertina con protagonista Sharon Stone, fotografata e intervistata dalla scrittrice Chiara Barzini: un lungo dialogo in cui la star hollywoodiana affronta i lati più intimi della sua personalità. Gli anni che passano? «Ci rendono più forti». I traumi del passato? «È importante elaborarli». La morte? «Bisogna farci amicizia». L’arte? «E la magia della vita». «Un grazie speciale a Sharon Stone, al suo coraggio, a una delle migliori interviste che ci abbia mai rilasciato», ha concluso Simone Marchetti.
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