Mario Esposito
Se Frida Kahlo non fosse stata affetta da spina bifida, forse la sua arte non sarebbe stata la stessa. Così come non sarebbero state ipnotiche le composizioni di Erik Satie, senza le sue ossessioni compulsive. Per non parlare del disturbo bipolare di Alda Merini. Di fronte alla malattia, si può reagire in due modi: subirla, oppure sublimarla. Una diagnosi inaspettata, spiazzante, cambia il nostro modo di decodificare la realtà. Se alcuni rimangono arenati nello sconforto, altri riescono a trasfigurare sofferenza e incertezza in energia creativa, bellezza estetica, lucidità consapevole. «Per quanto traumatico, è un risveglio esistenziale: non ci si può permettere di stare fermi a rimuginare», racconta Mario Esposito, nato a Napoli 44 anni fa, creativo pubblicitario a Milano, nonché autore di “Versi d’amore erotico per Natalie Zumab”, raccolta poetica fresca di stampa per Edizioni Ensemble.
Con la Natalie Zumab del titolo, Mario ha avuto una liason, anzi una relazione aperta. Lei si è concessa anche ad altri, perché in realtà – fuor di metafora – è una medicina, l’anticorpo monoclonale Natalizumab contro la sclerosi multipla. Nell’aprile del 2021, Mario inizia a vedere doppio. Quasi per caso, scopre di essere affetto dalla malattia neurodegenerativa di cui soffrono 2 milioni e ottocentomila persone nel mondo.
In versi “d’amore palese / D’amore esplicito / E licenzioso e lecito”, senza mai cadere nell’autocommiserazione, l’autore canta il suo rapporto maledetto e al tempo stesso salvifico con una terapia dal nome femminile. L’ironia guarisce l’animo, perfino quando è allusiva e paragona il giacere sulla poltrona per l’infusione farmacologica a posizioni lascive. Un idillio surreale, ma concreto nella fisicità dell’ago. Ecco allora che la poesia diventa cura.
Con una verve quasi istrionica, da cabaret napoletano, Mario Esposito trova la forza di squarciare il velo di pudore che spesso circonda esperienze molto intime per abbracciare il lato catartico della sua condizione, in cui è “paziente” solo per modo di dire. Piuttosto, sembra bramoso di vivere appieno e lo fa dando voce alla sua malattia. Invece di negarla o cercare di dimenticarla, l’accetta, l’amplifica con sensibilità beffarda e in quell’esatto istante la domina, fino a trascenderla con la scrittura. In tal modo, il malato diventa m-alato, capace di librarsi in volo al di sopra del contingente per assurgere all’assoluto.
In una delle opere più visionarie del XVIII secolo, “The Marriage of Heaven and Hell”, William Blake ritiene che il bene e il male siano entrambi necessari all’equilibrio del mondo e alla sua evoluzione. “Sexy Lady, cosa credi che non sappia che in tutto c’è il bene e il male? Io per capirlo sono finito in ospedale”, echeggiano decenni dopo i versi dedicati a Natalie Zumab. Perché, per riconciliare gli opposti, non c’è niente di meglio dell’armonia poetica.
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